Recensione “Venerdì 13” (2009)

Era il 1980 quando Jason Voorhees, con tanto di maschera e machete, faceva irruzione nell’immaginario collettivo cinematografico e nella cultura pop di fine secolo. Sono passati ben ventinove anni da quel film, un classico per gli amanti dello splatter, e Jason è tornato con tutta la sua furia omicida in altre undici occasioni: dodici film della stessa saga sembrano essere decisamente troppi, eppure la produzione (in mano a Michael Bay) ha pensato bene di proporre l’ennesimo capitolo su Jason, sulla scia dell’entusiasmo per il successo del remake di Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre, uscito nel 2003). In quest’ottica il film sembra tentare la riproposizione di un classico del cinema horror per le nuove generazioni, senza considerare il fatto che il filone di riferimento (il teen-horror) sembra aver già espresso tutto quello che aveva da dire nei decenni precedenti, probabile causa del flop di ogni tentativo recente, come ad esempio Shrooms, che della saga di Venerdì 13 è senza dubbio figlio.

Quest’ultima versione di Venerdì 13 offre gli elementi tipici della saga, per la gioia dei fan: il celeberrimo Crystal Lake, il campeggio (ormai in disuso), sesso, droga, sangue e adolescenti in calore. Nell’incipit c’è spazio anche per la mamma di Jason, l’assassina del primo, storico, capitolo della saga, il film inoltre propone la chicca di come Jason abbia trovato la sua famosa maschera da hockey. Purtroppo non basta, come non bastano i seni prosperosi delle giovani vittime di questo film ad evitare di storcere il naso di fronte ad alcune brutture di sceneggiatura.

Il problema degli horror made in USA degli anni 2000 è che sfruttano esageratamente l’utilizzo di effetti sonori sparati a tutto volume per procurare gli spaventi necessari a far portare a casa la pagnotta, senza preoccuparsi del vero ingrediente di cui hanno bisogno i film horror: l’atmosfera (un esempio su tutti l’eccellente Rec, il miglior esempio di film horror degli ultimi anni). Forse gli spettatori dell’ultima generazione sono diventati esigenti, ma alzare il volume sul rumore di una porta che sbatte o sull’urto di una sedia è uno stratagemma che non può funzionare in eterno. L’altra faccia della medaglia ci mostra però Venerdì 13 come un grande classico che si farà strada tra gli appassionati del genere, così come tra i giovani che ancora non si sono avvicinati alla saga, e che lo faranno ora, spinti dalla curiosità. Da questo punto di vista, nello stesso periodo dell’amato/odiato San Valentino, non dovrà sembrare strano trovare gran parte del pubblico a preferire un venerdì 13 al sabato 14: il buon Jason potrebbe rivelarsi la terapia giusta contro la più commerciale delle feste.

venerdì13

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Comments

5 risposte a “Recensione “Venerdì 13” (2009)”

  1. Avatar Testavuota

    non ho visto venerdi 13 (questo), ma posso confermare su REC. E’ stupendo, dura poco, 1 ora e 20, circa, ma è ti fa saltare dalla sedia più volte, e ti getta in uno stato di ansia per tutta la durata del film.

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  2. Avatar Lessio

    sono d’accordissimo, rec mi ha terrorizzato e pochi film ci sono riusciti in vita mia. ripeto: il miglior horror degli anni 2000.

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  3. Avatar DellaRocca

    Sono combattuto se spendere 7 euro per andare a vedere questo ennesimo “Venerdì 13” (ma è il tredicesimo o sbaglio?)…
    Che mi consigli Alessio?
    Ne vale la pena… o mi ci compro una pinta di birra?

    Bellaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

    Giulio

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  4. Avatar Lessio

    …vai con la birra 😉

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  5. Avatar CineSerialTeam

    Non male come reboot, mi aspettavo di peggio.

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