Vivere a Parigi significa anche vivere nel cinema: la Cinémathèque Française, i cineclub, la Nouvelle Vague e tutto il resto. Ieri ho voluto dedicare l’intera giornata al Cinema, quello con la C maiuscola e ciò che ho raccolto va oltre la capacità di raccontarlo. Ma proviamoci.
Innanzitutto una visita mattutina al cimitero di Montmartre, dove riposa François Truffaut, un modello per ogni giovane scrittore di cinema, amico dei sognatori, e forse la persona che meglio è riuscita a comunicare la magia del cinema stesso, la bellezza dei sogni, l’essenza delle emozioni, il piacere delle piccole cose. Toccare la sua custodia, la sua teca (“tomba” è una parola troppo negativa) trasmette immediatamente ispirazione, voglia di creare, di emozionarsi e di emozionare.
In Truffaut l’amore per il cinema nasceva negli anni 40, ai tempi in cui frequentava assiduamente la Cinémathèque di Henri Langlois. La Cinémathèque è il più grande archivio del mondo dedicato al cinema, con più di 40mila film e migliaia di documenti storici legati alla settima arte. Fu fondata da Langlois proprio allo scopo di educare al cinema le generazioni future (e infatti è proprio qui che si incontrarono Truffaut, Godard, Rivette, Rohmer e tutti gli altri futuri critici dei Cahiers du Cinema e futuri registi della Nouvelle Vague). Dopo aver cambiato numerose sedi nel corso degli anni, oggi la Cinémathèque Française e il Museo del Cinema si trovano al 51 di Rue de Bercy. Al suo interno avvengono retrospettive, proiezioni, spesso accompagnate da incontri con gli stessi autori; il museo invece contiene numerose macchine da presa del secolo scorso e qualche chicca interessante (anche se onestamente ci si poteva aspettare di più): la ricostruzione di una scenografia usata da Georges Melies, manifesti d’epoca e soprattutto i telegrammi inviati dai cineasti di tutto il mondo per schierarsi dalla parte di Langlois, licenziato nel febbraio 1968 dal governo (fatto che scatenò i primi focolai di rivolta da parte dei giovani, esplosi definitivamente nel celebre maggio dello stesso anno).
Dopo il Museo del Cinema mi sono diretto nel Quartiere Latino, zona ricca di piccole sale dove vengono continuamente proposte retrospettive sui grandi autori del passato. Mi sono fermato a rivedere Bande à Part di Jean Luc Godard nella Filmothèque du Quartier Latin, respirando in qualche modo l’atmosfera vissuta in passato da tanti giovani appassionati di cinema (e vedere la sala così gremita da persone di ogni età, per un film di oltre 40 anni fa, è sempre una bella cosa).
Certo, si potrebbe continuare la visita cinematografica di Parigi alla ricerca dei numerosi set protagonisti dei film del passato (il ponte di Bir-Hakeim di Ultimo Tango a Parigi o il Boulevard Saint-Germain di Fino all’ultimo respiro, per citarne un paio), ma non basterebbe un anno per ritrovare tutti gli angoli ripresi in una delle città più cinematografiche del mondo. Purtroppo non sono ancora riuscito a scovare il celebre ponte dove avviene la “gara” di corsa in Jules e Jim, ma nonostante tutto, come direbbe Humphrey Bogart in Casablanca: «We’ll always have Paris».
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