Recensione “Uomini di Dio” (“Des hommes et des dieux”, 2010)

Gran Premio della Giuria all’ultimo festival di Cannes, e il candidato francese da mandare alla selezione per i prossimi premi Oscar. Il film di Beauvois arriva in Italia con queste ottime credenziali, e nonostante l’ambientazione (un monastero di monaci cistercensi) non si tratta di un film religioso, ed è probabilmente il motivo per cui riesce a cogliere nel segno. Il regista scandisce l’opera di silenzi e canti, riempie la storia con le abitudini dei monaci, definendo al meglio il lavoro di quest’abbazia cristiana in terra musulmana, e insinua sottilmente la minaccia dei terroristi fino al tragico finale, tratto da un episodio realmente accaduto: la tragedia di Tibhirine del 1996, in cui sette monaci furono rapiti e uccisi da un gruppo terroristico musulmano.

In un monastero tra le cime delle montagne dell’Algeria, un gruppo di monaci cistercensi francesi vive perfettamente integrato con la popolazione musulmana del luogo. I frati partecipano alle attività lavorative dei vicini e offrono assistenza medica gratuita a chiunque ne abbia bisogno, di qualsiasi religione. Nel frattempo un gruppo di lavoratori stranieri viene assassinato da una frangia terroristica, e la paura e la minaccia cominciano a bussare alle porte del monastero. L’esercito tenta invano di convincere i monaci ad accettare protezione, ma Christian, il Priore, rifiuta. Una prima visita dei terroristi, la vigilia di Natale, mette i monaci di fronte ad una scelta: restare al monastero o andare via?

Non un film religioso dunque, o non soltanto, poiché il vero filo che lega le scene è la convivenza tra popoli di religioni differenti, la capacità di adattarsi e di vivere in pace nel pieno rispetto della fede altrui (ed è magnifica in tal senso la scena in cui avviene il primo contatto tra Christian e Ali Fayatta, il leader dei terroristi, il quale si scusa per aver fatto irruzione la notte di Natale, dietro ad un sincero «Non lo sapevo»). Beauvois è un occhio che documenta, racconta, e non prende posizione, lasciando ai suoi monaci la possibilità di offrirci differenti punti di vista sulla storia: le riunioni, le decisioni da prendere, le lacrime (emblematica la scena accompagnata da “Il Lago dei Cigni”). Ma in fondo ce l’aveva già detto Fabrizio De Andrè: “Non avrai altro Dio all’infuori di me: spesso mi ha fatto pensare. Genti diverse venute dall’Est dicevan che in fondo era uguale…”.

pubblicato su Livecity


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2 risposte a “Recensione “Uomini di Dio” (“Des hommes et des dieux”, 2010)”

  1. Avatar Lessio

    becera pubblicità. senza firma, senza un'opinione.
    vorrei almeno un buon motivo per cliccare su questo link, altrimenti cancello il commento…..

    "Mi piace"

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