Oscar 2020: “Parasite” nella Storia!

Erano lustri o forse decenni che non ci trovavamo di fronte ad una Notte degli Oscar così giusta, così piena di film immensi, così ricca di storie a lieto fine. Nell’anno dei grandi film americani (da The Irishman a C’era una volta a Hollywood, passando per Joker e Marriage Story, fino a 1917, che sarà anche britannico, ma che appartiene ad un genere cinematografico da sempre tra i prediletti negli States) a sbaragliare qualunque pronostico è, per la prima volta nella storia degli Academy Awards, un film non in lingua inglese: Parasite di Bong Joon-ho, che si porta a casa le statuette per Miglior Film, Miglior Film Internazionale, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale. Quattro premi pesantissimi, che dopo la Palma d’Oro a Cannes consacrano definitivamente la pellicola sudcoreana tra i titoli più importanti di questo millennio cinematografico (e una stella polare per il cinema orientale tout court).

Nessuna sorpresa neanche per quanto riguarda gli altri premi: Joaquin Phoenix, come previsto, trionfa con il suo indimenticabile Joker (così come Vito Corleone, per il cui ruolo avevano vinto l’Oscar Brando e De Niro, anche il personaggio di Joker conferisce l’Oscar a due attori diversi per lo stesso ruolo: Heath Ledger e appunto Phoenix), regalando ad una serata non particolarmente entusiasmante dal punto di vista dei discorsi, un bellissimo acceptance speech sul rapporto tra uomo e natura e sull’uguaglianza, fino a concludere con una bella citazione del suo compianto fratello River: “Corri in soccorso di qualcuno con amore e troverai la pace”. Renee Zellweger trova anche lei un Oscar già annunciato alla vigilia con l’intensa interpretazione in Judy, dando seguito ad un’usanza dell’Academy di premiare spesso gli attori o le attrici capaci di immergersi totalmente in un personaggio realmente esistito. Forse è il mio unico rimpianto della serata: questa statuetta l’avrei voluta vedere tra le mani di Scarlett Johansson. Tra i non protagonisti Laura Dern raccoglie l’unica gioia per il magnifico Marriage Story di Noah Baumbach, mentre Brad Pitt trova finalmente il suo primo, meritatissimo, Oscar per lo strepitoso Cliff Booth di C’era una volta a Hollywood, che vince anche l’Oscar per la migliore scenografia (anche questo un po’ sorprendente, potremmo dire).

Tra i premi più importanti vanno menzionati l’immenso Roger Deakins (Miglior Fotografia per 1917) il quale, dopo 13 nomination andate a vuoto, riesce a vincere due Oscar consecutivi (due anni fa aveva trovato la sua prima statuetta con Blade Runner 2049). Jojo Rabbit invece supera, probabilmente di poco, la concorrenza (Piccole Donne, The Irishman, Joker e, molto più indietro, I Due Papi) e si porta a casa l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Tra i premi cosiddetti minori riconoscimenti per i costumi di Piccole Donne, editing e montaggio sonoro di Le Mans 66, sonoro ed effetti speciali ancora per 1917, trucco per Bombshell, colonna sonora per Joker (peccato per Storia di un Matrimonio, ci speravo) e infine Miglior Canzone per sir Elton John (Rocketman).

La serata in sé, come dicevo prima, non è stata particolarmente eccitante, se non per i premi: nessun discorso memorabile tranne quello di Phoenix, già citato, e quello di Bong Joon-ho, che ha citato e ringraziato Scorsese e Tarantino, come farebbe qualunque cinefilo al cospetto di due punti di riferimento assoluti. Anche quest’anno si è proceduto senza presentatori, lasciando la serata in mano ai vari addetti ai lavori che si sono alternati sul palco per consegnare i premi. Si è riso davvero poco, ma ormai ci siamo praticamente abituati ad assistere agli Oscar senza particolari fremiti, lasciando ai film premiati e all’amore per il cinema il compito di intrattenerci lungo una notte sì snella, ma anche piatta: da questo punto di vista devo elogiare il lavoro di Castelnuovo e Canova, che nei collegamenti dall’Italia hanno dato un po’ di brio ad una notte altrimenti molto lunga (soprattutto il primo, a parte l’ingenerosa crociata contro Phoenix, è stato un padrone di casa pressoché perfetto). Chiudo il riepilogo di questa storica nottata con una citazione dello stesso Canova: “Il cinema è solo il cinema e ci permette di sopportare quella cosa terribile che è la realtà”. Au revoir.


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3 risposte a “Oscar 2020: “Parasite” nella Storia!”

  1. Avatar Chiara G
    Chiara G

    Condivido tutto, mi soffermo soprattutto sull’insensata crociata contro Phoenix da parte del presentatore che gestiva la diretta per l’Italia. Non ha compreso l’importante discorso di Phoenix e non ha considerato che per i ringraziamenti l’attore aveva approfittato già del palco dei Bafta con un discorso sentito e pieno di ammirazione per ogni singolo attore. Serata un poco sottotono, mi aspettavo decisamente più brio mentre era tutto molto semplificato e velocizzato (nei termini di quel che può essere velocizzato in una serata del genere). Ho notato anche alcune sbavature di regia, con luci che in un paio di occasioni hanno smorzato i discorsi dei vincitori e primi piani fin troppo insistenti sulle bellezze presenti in sala. Mi piacerebbe avere una tua opinione sugli inframezzi musicali della serata, se ritieni che fossero azzeccati o se nutri qualche riserva. Nel frattempo ne approfitto per complimentarmi per i tuoi articoli, che attendo sempre e che leggo con grande interesse. Un saluto!

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  2. Avatar AlessioT

    Ciao Chiara, grazie per le belle parole! Sono d’accordissimo con te a proposito del discorso di Joaquin Phoenix e anche sulla regia: per gran parte della serata pensavo che proprio Phoenix non ci fosse, inquadravano soltanto Margot Robbie e le altre attrici. Gli inframezzi musicali ci sono ad ogni edizione per presentare le cinque candidate a miglior canzone, stavolta ce n’è stato qualcuno in più, tipo Eminem, ma secondo me ci poteva stare, almeno ci siamo svegliati un po’ dal piattume della serata 🙂

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  3. Avatar wwayne

    Rieccomi! La Corea ci ha regalato anche questa splendida serie tv: https://wwayne.wordpress.com/2023/04/02/io-e-linda/

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