Recensione “Marpiccolo” (2009)

Dopo il buon successo ottenuto al Festival di Roma, Marpiccolo arriva anche in sala, sei anni dopo l’ultima fatica cinematografica di Alessandro di Robilant (il pessimo Per Sempre, scritto da Costanzo, reputato un brutto film persino dai suoi attori). Il regista italo svizzero torna finalmente al genere per il quale sembra essere più ispirato, il film di denuncia sociale, realizzando un film intelligente, in grado di raccontare una delle tante realtà del Sud Italia, in questo caso di Taranto, che non sembra così diversa dalla Napoli vista in tanti film (e purtroppo reale), mostrando come i problemi italiani non siano tutti relegati nel capoluogo campano.

Tiziano è un adolescente afflitto dal cosiddetto male di vivere: la sua famiglia riesce a malapena a sbarcare il lunario, motivo per cui la delinquenza del ragazzo diventa quasi una necessità, più che un modo comodo di aggirare i problemi. Tiziano lavora per il giovane boss di quartiere, ritrovandosi ben presto nelle sabbie mobili della criminalità, nelle quali più ci si muove e ci si affanna e più ci si ritrova invischiati. Ma non è mai troppo tardi per ritrovare una nuova strada, basta provarci.

Taranto è la cornice ideale per la storia: a metà strada tra il patrimonio artistico della città e le sue fabbriche di acciaio (che producono addirittura il 10% dell’inquinamento europeo), ambientazione ideale per la storia di Tiziano, ragazzo intelligente ma frustrato, arrabbiato con una vita che per forza di cose gli va stretta. Robilant è bravo nel rendere credibile il tutto, pescando un protagonista eccellente (Giulio Beranek, bravissimo), e circondandolo con buonissimi comprimari (l’emergente Michele Riondino, che ormai sembra essersi abbonato a questo tipo di film, senza dimenticare il sempreverde Giorgio Colangeli). Un film fatto di scelte difficili, ognuna delle quali porta in una direzione che non è mai difficile prevedere, ma al di fuori dal mar piccolo dove sguazza la vita del protagonista, c’è un oceano di possibilità e di speranza.


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