Capitolo 368: Prima di Febbraio

Sono già 19 i film visti in questo gennaio composto, com’è giusto che sia, da plaid, tazze di orzo e cinema come se non ci fosse un domani. Di questi 19, ben 10 li troverete in questo succoso capitolo, tre dei quali raggruppati in un’unica meravigliosa trilogia, di cui parleremo tra poco (seguitemi su Letterboxd per restare aggiornati in tempo reale sulle mie visioni). Un periodo senza dubbio pieno di grande cinema, se si pensa che in sala è possibile scegliere tra film stupendi come Perfect Days, Il Ragazzo e l’Airone, The Holdovers e, tra pochi giorni, Povere Creature!. “What a time to be alive!”, direbbero quelli bravi.

K-PAX (2001): Quando, oltre vent’anni fa, ho visto questo film di Ian Softley al cinema, ne uscii entusiasta. Rivisto ora invece ho avuto a che fare con tutti i suoi limiti, nonostante si tratti comunque di un film godibile, con due ottimi interpreti. Kevin Spacey è un paziente psichiatrico che afferma di provenire dal pianeta K-PAX e possiede nozioni di astrofisica fuori dal comune. Durante il trattamento la sua particolare visione della vita aiuta molti altri pazienti a migliorare la propria condizione, oltre ad aiutare il suo psichiatra Jeff Bridges a riallacciare i rapporti con il figlio (un giovanissimo Aaron Paul!). Il film stuzzica lo spettatore ed è bello poter credere ai racconti del presunto alieno, almeno per un po’. Una curiosità: il regista argentino Eliseo Subiela ha affermato fino alla morte (avvenuta nel 2016) che K-PAX è un plagio del suo film Hombre Mirando al Sudeste, del 1986.
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Before Sunrise (1995) – Before Sunset (2004) – Before Midnight (2013): Una delle più belle trilogie della storia del cinema, senza ombra di dubbio, è quella firmata dal trio Richard Linklater, Ethan Hawke e Julie Delpy. Ogni tanto sento il bisogno di ritrovare quelle atmosfere, di rivedere questi vecchi amici. Il primo, magnifico film è del 1995: Hawke e Delpy sono poco più che ventenni, si incontrano per caso su un treno e scendono a Vienna per passare la giornata insieme, visto che lui dovrà prendere un aereo per gli Stati Uniti la mattina seguente. Un giorno in cui passeggiano, si conoscono, si innamorano e si promettono di rivedersi dopo 6 mesi. Passano in realtà 9 anni, siamo a Parigi: lui sta presentando un romanzo ispirato proprio a quell’esperienza, lei si presenta in libreria. Hanno poche ore da passare insieme, sono cresciuti, hanno altre relazioni e la vita li ha messi di fronte a realtà non sempre soddisfacenti. 9 anni dopo li ritroviamo in vacanza in Grecia, finalmente insieme, dove però dovranno fare i conti con le proprie frustrazioni e con la terrificante eventualità di non amarsi più. Una trilogia cresciuta nel cuore dello spettatore insieme ai suoi personaggi, con i quali si possono condividere le romantiche illusioni di gioventù, il freddo cinismo e lo scontro con la realtà post-universitaria e la frustrazione e i rimpianti di un età adulta dove non c’è più spazio per se stessi. Una trilogia capolavoro, un’indagine sulla vita e sul tempo che passa che commuove, ci abbraccia, ci conforta.
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School of Rock (2003): Come tutti i ragazzi che hanno visto questo film al cinema, ho avuto anche io una grande fase School of Rock. La commedia di Linklater sembrava parlare a un pubblico di amanti del rock, come a dir loro che non sono soli. Lo squattrinato chitarrista Jack Black finge di essere il suo coinquilino e accetta una supplenza in una scuola elementare, in cui, di nascosto al corpo insegnante e ai genitori degli alunni, mette insieme una rock band di studenti per partecipare a un importante contest cittadino. Ma il rock non è soltanto musica, è prima di tutto uno stile di vita, una lotta all’establishment, una filosofia da insegnare non solo con la pratica, ma anche con la teoria. Commedia gradevole con alcuni spunti geniali e un’ottima colonna sonora. Più utile come strumento educativo per i bambini che come film d’intrattenimento per i più grandi, resta comunque un cult di assoluto valore.
•••½

Povere Creature! (2023): Il pluripremiato nuovo film di Yorgos Lanthimos è un incontro ideale tra Barbie e Frankenstein. Il cadavere di una donna, Emma Stone, viene riportato in vita da uno scienziato dedito a strambi esperimenti chirurgici. La donna ha però il cervello di un neonato e dovrà, giorno dopo giorno, imparare cos’è la vita. Un viaggio dentro la magnifica avventura dell’esperienza umana, scevra di ogni sovrastruttura sociale e comportamento di facciata. Un film che trabocca di vita tanto quanto la sua memorabile protagonista e, come lei, è stravagante, ambizioso, senza però apparire mai troppo pretenzioso. A tratti volgare, forse (ma in senso buono), sicuramente sfacciato, senza timori, che fa sembrare normale anche la testa di un cane sul corpo di una gallina. Il mondo, attraverso gli occhi di Bella Baxter, è una visione da vivere fino in fondo, anche a costo di farsi male. Perché questa è la vita e, probabilmente, anche qualcosa di più.
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Breve Film sull’Uccidere (1988): Nato come quinto episodio di una serie realizzata per la tv polacca dedicata ai dieci comandamenti (il celebre Decalogo), Krzysztof Kieślowski vi aggiunge delle scene tagliate e presenta il film al Festival di Cannes, dove conquista il Premio della Giuria. Un ragazzo, un poco di buono, prende un taxi e, senza motivi apparenti, uccide il tassista (anch’egli un uomo piuttosto chiuso, isolato). Nel mentre, un altro uomo supera l’esame da avvocato e, un anno dopo, sarà proprio lui a dover difendere il ragazzo nel processo in cui rischia la pena di morte. Un atto d’accusa alla società polacca, che appare violenta e spietata come i cittadini che vorrebbe condannare, ma anche un modo di mettere in scena la violenza senza spettacolarizzarla, anzi facendoci soffrire tanto quanto il protagonista nel compiere l’estremo atto. Ma questo l’ha già spiegato magnificamente Nanni Moretti in una delle sequenze più belle de Il Sol dell’Avvenire, a cui devo il motivo per cui ho visto questo film eccezionale.
••••½

Lo Specchio Scuro (1946): Ogni giovedì domando, sui social di Una Vita da Cinefilo e del progetto Film People, il titolo del film più bello che avete visto negli ultimi giorni. Grazie a questa sorta di gioco, ho ricevuto alcuni strepitosi consigli sui film da vedere. Tra i tanti, c’è chi ha citato questo film di Robert Siodmak con Olivia de Havilland protagonista assoluta (addirittura in un doppio ruolo). Un medico viene ucciso nel suo studio e l’ultima persona con cui viene visto è una donna (Olivia de Havilland, appunto). Questa donna però ha una sorella gemella ed è impossibile stabilire quale delle due abbia incontrato il medico: la legge non può incolpare due persone per lo stesso reato e per questo il commissario si affida alla tecniche di uno psicologo, allo scopo di cavare fuori il nome del colpevole. Un classico del noir: un omicidio, il tema del doppio, psicanalisi, romanticismo. In mano a Hitchcock sarebbe stato un capolavoro, Siodmak ne fa semplicemente un buonissimo film.
•••½

La Ballata del Boia (1963): Il canale youtube di Letterboxd è pieno di piccoli video in cui viene chiesto ad attori, attrici, registi e addetti ai lavori di vario genere i propri quattro film preferiti (come ad ogni utente della celebre app nel momento in cui si modifica il profilo, come potete vedere sulla mia pagina). Grazie a questi video avevo scoperto Onibaba, nella lista di Willem Dafoe, e ora questo film spagnolo del 1963, che secondo il regista Juan Antonio Bayona è il miglior film iberico di sempre. Incuriosito dalla storia e dalla presenza di Nino Manfredi come protagonista, mi sono lanciato nella visione. La storia è decisamente originale: un inserviente delle pompe funebri (Manfredi) ha una tresca con la figlia del boia. Per una serie di circostanze il nostro è messo di fronte a un bivio e, se vuole sposare la ragazza, deve anche “ereditare” la professione del suocero, quando questi andrà in pensione. Amara riflessione sulla Spagna franchista che destò non poche polemiche al momento dell’uscita. Il film, diretto da Luis Garcia Berlanga (uno dei più importanti registi spagnoli di sempre), funziona solo a tratti. L’impianto registico è notevole e lo script originale, ma non tutto fila in maniera naturale. L’impressione è che con un paio di stesure in più in fase di sceneggiatura sarebbe davvero potuto essere una pietra miliare.
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Paprika (2006): Da molti anni sentivo parlare di questo cult della recente animazione giapponese, senza aver però mai avuto modo di vederlo prima. Di Satoshi Kon avevo visto solo il suo film d’esordio, l’eccellente Perfect Blue, ma già mi sembrava chiaro di trovarmi di fronte ad uno dei più grandi geni dell’animazione. Questo film, realizzato 9 anni dopo (con un’altra perla come Tokyo Godfathers nel mezzo), conferma tutto ciò che di buono si può dire sul conto del regista nipponico. La storia è un viaggio in cui non ci si può distrarre un istante: una società inventa un apparecchio che permette di registrare i sogni delle persone, permettendo così agli psichiatri di indagare più a fondo sul subconscio dei propri pazienti. L’invenzione però viene trafugata, dando il via ad una serie di incubi che mettono a repentaglio la vita delle persone coinvolte, tra cui il detective che sta indagando su un omicidio irrisolto e un’affascinante psichiatra, dietro la quale si cela un alter ego onirico che risponde al nome di Paprika. Lo so, non ci avrete capito molto e il film non permette davvero distrazioni. Bisogna offrirgli la nostra concentrazione e il nostro tempo, ma il premio che riceveremo alla fine sarà enorme. Splendido.
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