Capitolo 380: Racconto di Una Stagione

Cile mi pais imaginario di Patricio Guzman

Ecco l’estate, dunque! Scrivo questo capitolo, come sempre ricco di buon cinema, a cavallo tra una trasferta berlinese ovviamente priva di film e il mio solito trasferimento estivo nella residenza pugliese, per tentare di allontanare l’afa con un po’ di mare. Ricordate che fino al 19 settembre il biglietto del cinema per i film italiani ed europei costerà soltanto 3,50€, potrebbe essere un’occasione ghiotta per scoprire qualche chicca nascosta nella programmazione estiva, solitamente poco attraente. Poi ci sono le arene estive, che propongono i migliori film della stagione passata, sempre a prezzi ridotti, o la programmazione di alcuni cinema, con film che non sono più in circolazione ma che potrebbero meritare una visita. Insomma, ci sono tante opportunità per riempire la nostra estate di cinema, approfittiamone. Ah, se volete sapere le mie considerazioni su un film in particolare, scrivete il titolo nel form di ricerca, in basso, così potrete farvi un’idea se possa valerne la pena o no (se ne ho scritto, troverete il link a uno di questi capitoli oppure, se disponibile, alla recensione completa). Ci risentiamo dalla Puglia, buona estate a voi, cari affezionatissimi e care affezionatissime!

My Name is Joe (1998): Da ragazzino ricordo perfettamente quando l’iconica locandina con Peter Mullan, sporco di vernice, tappezzava il muro vicino alla fermata dell’autobus della mia scuola. Forse è da allora che desideravo vedere questo film di Ken Loach, tipico racconto di periferia complicata, dove una quotidianità molto difficile viene comunque affrontata dai suoi personaggi con leggerezza, almeno finché la vita non viene a portare il conto. Un ex alcolista cerca di sopravvivere sbarcando il lunario con piccoli lavori in nero e allenando una sgangherata squadra di calcio. Uno dei suoi pupilli finisce nei guai e c’è bisogno di aiutarlo, al tempo stesso l’uomo conosce un’assistente sociale con cui nasce una simpatia: far coesistere le due cose sarà problematico. Mullan, Palma d’Oro a Cannes per la migliore interpretazione maschile, è strepitoso (molti lo ricorderanno come l’attore che lancia la battuta a Mel Gibson, permettendo a William Wallace di pronunciare il suo iconico monologo in Braveheart). Bellissimo film, è su Mubi.
•••½

Cile – Il Mio Paese Immaginario (2022): I documentari di Patricio Guzman non sono mai banali (uno a caso? Vedetevi Nostalgia de la Luz). Quest’opera, presentata a Cannes, nasce nell’ottobre del 2019, quando un milione e mezzo di cileni sono scesi in piazza a Santiago reclamando più democrazia, una vita più dignitosa, più giustizia, migliore sanità, migliori pensioni, migliore istruzione e, soprattutto, una nuova costituzione, visto che il Cile viveva secondo le leggi scritte durante la dittatura di Pinochet. Il documentario racconta quindi il risveglio di un Paese, attraverso immagini memorabili, testimonianze, fotografie. Guzman aveva vissuto in prima persona il golpe del 1973, era stato deportato nel campo di concentramento dell’Estadio Nacional: forte di quei ricordi, ritrova ora lo stesso stadio, che nel suo documentario diventa la sede elettorale per votare una nuova costituzione, quasi chiudendo un cerchio con la sua storia e con il passato del suo Paese. Scoperto per caso grazie al progetto Film People, in cui è stato scelto come film preferito, potete trovare il documentario gratuitamente e legalmente su Vimeo (in spagnolo con sottotitoli in inglese). Bellissimo: tra l’altro la rivolta, lunga più di un anno, è avvenuta a poche centinaia di metri da quella che anni fa era stata la mia dimora cilena per circa un mese, cosa che mi ha fatto sentire ancora più vicino alla vicenda.
•••½

I Saw the Tv Glow (2024): Uno dei casi cinematografici dell’anno, almeno negli Stati Uniti, è in realtà una delle più cocenti delusioni. Poche cose infatti mi danno fastidio come perdere due ore di tempo, il motivo per cui sono costretto a sfogare questa irritazione con una recensione rabbiosa. Negli anni 90 un ragazzino emarginato, grazie anche all’incontro con un’adolescente transessuale, si appassiona totalmente a una bizzarra e inquietante serie tv (che ai tempi si chiamavano telefilm). L’ossessione per lo show diventa una sorta di fuga dalla realtà che porterà a conseguenze infelici. L’idea di base non è male e il rapporto tra i due amici è molto dolce, il problema è che il film di Jane Schoenbrun è infarcito di spiegoni, come se non ci fosse un domani. Quando finalmente succede qualcosa di interessante, circa a metà film, e speri che la vicenda possa decollare, ecco arrivare un altro, inutile, spiegone: “Mi sentivo così, mi sentivo colà”. I personaggi spiegano e basta, quando una delle regole principali di chi scrive sceneggiature è che le emozioni vanno mostrate, non raccontate (“Show, don’t tell” è il motto). Se no fate I Saw Gli Occhi del Cuore Glow e facciamo prima. Altra nota stonata: la fotografia patinata, digitalizzata all’inverosimile, sembra uscita dall’ennesima serie adolescenziale di Netflix e no, non è un complimento. Incredibile il successo che questo film sta riscuotendo in patria, forse è proprio vero che, come diceva René Ferretti, “la qualità c’ha rotto il caxxo”.
•½

Racconto di Due Stagioni (2023): Quando stai per vedere un film di Nuri Bilge Ceylan, maestro del cinema turco, bisogna sempre essere consapevoli di due cose: che sarai impegnato per circa tre ore e che ti troverai davanti a immagini meravigliose. In un villaggio innevato dell’Anatolia, un professore di educazione artistica è alle prese con alcune accuse di molestie provenienti da due ragazzine della sua classe. Al tempo stesso l’uomo si invaghisce di un’altra insegnante, per la quale ha una cotta anche un suo collega, nonché coinquilino. Le lunghe sequenze del film, che spesso sono dei piani sequenza a inquadratura fissa, usano il ritmo dei dialoghi per creare tensione, spingendo lo spettatore esattamente dove Ceylan ha deciso di portarlo: farsi trascinare in questo torrente di dialoghi, scontri verbali, cinismo e aridità, è emozionante. Come dice il titolo originale, internazionalizzato in About Dry Grasses, sotto la neve l’erba non cresce, nasce morta, secca, arida, una sorta di destino che potrebbe essere riservato a chi cresce in quel luogo dimenticato da dio. Grandissimo film, è al cinema, andate a vederlo.
••••

Fuoco Ragazza Mia! (1967): La settimana scorsa, mentre facevo ricerche per il mio post sui film preferiti da cineasti, attori e attrici (leggetelo qui), ho scoperto che uno dei film più amati da Emma Stone era questo film cecoslovacco degli anni 60. Conosciuto anche con il titolo Al Fuoco Pompieri!, è il film che stava per stroncare la carriera di Milos Forman a causa di alcuni dissidi sia con il governo del suo Paese che con il produttore Carlo Ponti, ma che alla fine ha permesso invece al regista cecoslovacco di farsi notare negli Stati Uniti, dove sarebbe finito a vivere e a lavorare poco dopo, realizzando opere straordinarie come Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo, per citarne una. In un paesino un gruppo di pompieri volontari sta organizzando una grande festa per il compleanno del capo 86enne. C’è una riffa, dal cui tavolo vengono trafugati sempre più premi; c’è una reginetta del ballo da eleggere, ma le candidate, non particolarmente entusiaste di partecipare, si nascondono; c’è un incendio, ma sono tutti troppo ubriachi o stupidi per riuscire a spegnerlo (memorabile la scena in cui un contadino, estratto vivo dalle fiamme, viene avvicinato nuovamente all’incendio perché così può evitare di prendere freddo). Grottesco, divertente, Forman nel film si fa beffe dei suoi personaggi, della loro inettitudine di fronte ad ogni situazione, forse usando tutto questo come una metafora di chi governa il suo Paese, ligio a delle regole che rendono probabilmente ridicole le loro azioni. Spassoso, è quello che ti aspetteresti di vedere se la premiata ditta Zucker-Abrahams-Zucker fosse nata nell’ex-Cecoslovacchia.
•••½

L’Attimo Fuggente (1989): Se alle 11 di un sabato sera siete appena tornati a casa dopo l’umiliante sconfitta dell’Italia a un Europeo di calcio e, nel fare un po’ di zapping in tv, vi trovate davanti a un film come questo, appena cominciato, è pressoché impossibile non guardarlo tutto. Certo, vederlo da adolescente produce un effetto molto più dirompente che guardarlo per l’ennesima volta da adulto (?), ma la bellezza della storia e la trascinante potenza del finale, nonostante la retorica, è sempre intatta. Forse il miglior Robin Williams mai visto e senza dubbio il miglior film ambientato in una scuola che sia stato mai girato. Non ho accennato alla trama, come faccio di solito, ma penso che non ce ne sia bisogno. Film straordinario.
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