
Festa del Cinema di Roma 2024 – Giorno 6: Da che mondo è mondo, il lunedì è un giorno storicamente orribile e stamattina lo è ancora di più visto che la Roma ha perso. Dopo due giorni di auto, oggi il mezzo migliore per raggiungere la Festa del Cinema è la metropolitana. Il film della mattina, a causa della sua lunghezza, è stato programmato alle 8.45 (da quando è cominciata la Festa è già il terzo film piazzato a quest’ora), il che mi dà l’occasione di aprire l’inevitabile parentesi polemica: mettere le proiezioni alle 8.45 è chiaramente opera di un sadico. Se il film dura tanto perché non piazzarlo alle 11? Ma ci vuole così tanto ad arrivarci? Un quarto d’ora in più, a Roma, di mattina presto, è oro colato, chiunque si muove in quella fascia oraria lo sa. Insomma: è lunedì, cosa aspettarsi?
Il film che mi impone a uscire di casa alle 7.40 è Emilia Perez di Jacques Audiard, uno dei migliori cineasti viventi, un regista che non mi ha mai deluso e che spero tantissimo non cominci a farlo oggi. Spoiler: non accadrà. Il film, vincitore del premio della Giuria a Cannes, è una sorta di musical incentrato su un boss del cartello messicano che decide di cambiare sesso (!). Da un’idea assurda, quasi grottesca a pensarci, nasce un’opera meravigliosa su genere, identità, violenza, redenzione, senza mai perdere un grammo di credibilità. Zoe Saldana è incredibile (facile vederla tra le cinque candidate agli Oscar) e il film è stu-pen-do. Stupendo, finora il migliore visto alla Festa del Cinema e, onestamente, sarà difficile batterlo. Ad ogni modo, il lunedì è appena diventato il giorno più bello.
Dopo il film di Audiard lascio l’Auditorium e mi dirigo verso il quartiere Prati, al cinema Giulio Cesare, dove alle 12.30 mi aspetta The Return di Uberto Pasolini. Il succo della storia ce lo mette Omero (il ritorno di Ulisse a Itaca), la messa in scena il regista romano: si ferma a metà strada tra cinema e teatro en plein air, alla fine non sembra però né l’uno né l’altro. Il cast è davvero poco convincente, ma quando hai in squadra due top player come Ralph Fiennes e Juliette Binoche, il risultato arriva sempre (forse servirebbero alla Roma, ma qui apriamo parentesi che hanno poco a che fare con il cinema).

Alle 18, all’Auditorium Conciliazione (terza sede diversa nello stesso giorno, per non farmi mancare niente), mi siedo a guardare Le Cinema de Jean-Pierre Leaud: figuratevi se potevo perdermelo, visto che l’attore francese vi compare davanti, lassù in alto, ogni volta che aprite una pagina di questo blog. In sala siamo meno di dieci persone, ma è bello ritrovare le immagini di film come I 400 Colpi, Baci Rubati, Masculin Feminin e tutti gli altri. Il documentario di Cyril Leuth ripercorre la carriera dell’enfant prodige del cinema francese, dall’esordio con la vittoria della Palma d’Oro a 14 anni, fino a un recente film giapponese in cui, a causa di un lapsus a dir poco freudiano, chiama François il regista giapponese Nobuhiro Suwa. La storia va avanti, tra una citazione dello stesso Leaud (reinterpretato da attori che lo impersonano in diverse età) e il racconto dei registi con cui ha lavorato, tra cui Assayas e Kaurismaki (“Ho lavorato con Jean-Pierre per poter, attraverso di lui, entrare anche io nella storia del cinema”). Doc televisivo ma funziona, con una menzione speciale per la scena straziante del funerale di Truffaut, proprio oggi che ricorre il quarantesimo anniversario della sua morte.
Dovendo girare per tre sale diverse oggi non ho avuto modo di soffermarmi su conferenze stampa, dichiarazioni, foto, voci di corridoio e tutto ciò che solitamente trovare all’interno di questo diario quotidiano. Oggi trovate solo i film, ma speriamo domani di potervi raccontare qualcosa di più succulento: c’è Cobie Smulders in conferenza stampa (Robin di How I Met Your Mother), con cui vorrei farmi una foto, inoltre ho una flebile possibilità, davvero minima, di comparire in sullo schermo durante una delle proiezioni di domani (se avete letto i diari precedenti, già sapete di che si tratta). La speranza è poca, ma oggi è stato un buon lunedì, dopotutto, quindi restiamo ottimisti.


Lascia un commento