Recensione “Il nascondiglio” (2007)

Era da trentuno anni, dai tempi de La casa dalle finestre che ridono (1976), che Pupi Avati non si cimentava con il thriller-horror, e soltanto ora riusciamo a capirne i motivi. Una sceneggiatura piena di falle, dialoghi da b-movie e totale assenza di un elemento fondamentale per il genere: la suspense. Già perché le atmosfere de Il Nascondiglio promettono e non mantengono, lasciano intravedere un alone di mistero e poi non osano, quasi spaventate dall’idea di impaurire lo spettatore, lasciando tutto il lavoro pesante sulle spalle di effetti sonori lanciati a tutto volume e una musica che vorrebbe creare tensione laddove non ce n’è neanche l’ombra.

1957: in una casa sperduta tra i paesini dell’Iowa avviene una strage perpetrata da due giovani donne mai catturate. Molti decenni dopo la protagonista, che ha il volto spaventato e caparbio di Laura Morante, esce da una clinica psichiatrica dopo il suicidio di suo marito e decide di rifarsi una vita aprendo un ristorante italiano. La donna si ritrova nella stessa casa dove avvenne la strage cinquantacinque anni prima, qui i tormenti e i fantasmi del passato sembrano tornare: a metà strada tra razionalità e pazzia, la protagonista cercherà di scoprire il mistero che avvolge quel luogo, a costo di mettersi contro gli abitanti del paese, interessati a lasciar sepolte alcune verità nascoste.

Un film dove i fatti sembrano accadere senza un minimo di credibilità, dove ogni tassello si va ad incastrare ad un altro tramite forzature e una totale mancanza di colpi di scena, con la conseguenza di annoiare lo spettatore, inerme di fronte ad una pellicola completamente svuotata di energia, forza, emozioni e soprattutto tensione. Manca originalità, tutto sembra essere prevedibile, e la bravura di Avati cede il passo scena dopo scena, frustata dalla sterilità di una sceneggiatura misera. La fotografia cupa (anche se L’Arcano Incantatore è dietro l’angolo) salva il film dal disastro totale, cosa che non riesce neanche al tanto pubblicizzato cast internazionale: non basta un Burt Young (il cognato di Rocky!) appesantito e invecchiato a fare un film, e neanche gli occhi tristi di Yvonne Sciò (ex stella di Non è la Rai). Vogliamo lasciare tutto il peso del cast sulle spalle della seppur brava Laura Morante? Va bene, facciamoci del male.

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2 commenti Aggiungi il tuo

  1. utente anonimo ha detto:

    Ok film brutto, ma avati ne ha fatti altri di thriller-horror dopo la casa dalle finestre che ridono, ad esempio zeder.

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  2. Lessio ha detto:

    verissimo, "zeder" del 1983, mi era sfuggito. grazie per la correzione

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