1896-1914 – Il 28 dicembre 1895 nasce il cinema: Luis Lumiere, oltre ad essere l’inventore del cinematografo, fu anche operatore, produttore, distributore e proprietario dei mezzi di produzione; nonostante ciò non può essere definito un vero e proprio regista. Il primo autore completo della storia del cinema è stato probabilmente George Melies, un altro francese, creatore dello storico Le Voyage dans la Lune, che nel 1903 cambiò radicalmente il modo di intendere il cinema. Fino alla metà degli anni 10 nei film ancora non comparivano titoli di testa, semplicemente un cartello che indicava il titolo e il marchio della casa di produzione. Alle origini del cinema il ruolo più importante era ricoperto dall’operatore, la sua funzione era fondamentale visto che i film si basavano quasi esclusivamente sulla nitidezza dell’immagine e sulla bellezza dell’inquadratura: di anno in anno, il cinema però cambiava, si stava evolvendo. Per diventare un’arte autonoma c’era bisogno di liberarsi dell’influenza del teatro: nel momento in cui avvenne questo distaccamento cominciò a nascere il vero linguaggio cinematografico e i primi capolavori: su tutti Nascita di una nazione (1915) e Intolerance (1916), di David Wark Griffith, che introdusse diverse tecniche fondamentali come il montaggio alternato di scene diverse, il carrello e i piani di ripresa. Dal punto di vista tecnico e meccanico gli inventori del cinema furono Edison e Lumiere, ma come nuovo linguaggio e nuova forma artistica e narrativa il vero inventore va considerato proprio Griffith.
1915-1928 – Il cinema è ormai un’arte dominata dalla figura del regista creatore indipendente, che ha l’ultima parola su tutto ciò che riguarda il film. In questo periodo si manifestano due diverse tipologie di registi: il regista-autore (che si occupa personalmente di tutti i ruoli) e il regista supervisore (allo stesso tempo regista e produttore del film). Proprio verso la fine di quest’epoca avviene il passaggio dal director-unit system (un sistema in cui tutto verte intorno alla figura del regista) al central producer system, ovvero a una produzione centralizzata in cui la divisione del lavoro è strutturata in dipartimenti, mentre la progettazione e la responsabilità del film sono affidate al produttore. Si lavora esclusivamente nei teatri di posa rinunciando alla mobilità offerta dalle riprese in esterni. Intanto in Europa i principali registi sovietici (Vertov e Ejzenstejn su tutti) teorizzano sulla loro totale autorialità: tecnica, creativa, sperimentale e teorica, dove la fase del montaggio diviene la più creativa e importante all’interno della produzione di un film.
1929-1949 – Con l’avvento del sonoro gli studios acquistano gradualmente sempre più potere (il cosiddetto studio system) che corrisponde ad una graduale perdita d’indipendenza del regista, relegato al ruolo di semplice impiegato; tra il 1931 e il 1955 il sistema di produzione si baserà sul producer unit. In quest’epoca lo sceneggiatore diventa il collaboratore più importante per il regista, oltre a figura fondamentale per gli studios. Il più grande problema per il regista è il montaggio, dove non ha più parola, e dove non si può opporre se il produttore decide di cambiare scene o addirittura il finale di un film. I registi più potenti o si auto-producono in modo da decidere in prima persona, o (come faceva John Ford) usano un sistema di riprese detto “cut in the camera” (taglio in macchina), dove con le riprese il regista anticipa il montaggio lasciando senza alternative il montatore. La figura del regista sembrava essere finita con l’avvento della televisione e con il crollo dello Studio System, ma dall’Europa cominciavano a soffiare venti di cambiamento, che avrebbero restituito alla figura del regista il giusto peso.
1945-1969 – In Europa avviene una progressiva ripresa dell’iniziativa creativa e del ruolo di autore del regista grazie a due correnti fondamentali nella storia del cinema: il Neorealismo in Italia e la Nouvelle Vague in Francia. Il Neorealismo intende la figura del regista come creatore di una nuova idea del mondo e del cinema (storie di vita reale, attori non professionisti, riprese in esterni), portando alla ribalta autori come Cesare Zavattini, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Alla fine degli anni 50 è la Nouvelle Vague a rafforzare la nozione di regia in senso autoriale, grazie all’esperienza dei suoi registi, ex-critici cinematografici cresciuti tra le pagine dei Cahiers du Cinema di Andrè Bazin. Jean Cocteau fu tra i primi a teorizzare la libertà della regia e la concezione del regista come autore unico, attraverso due concetti di base: La camera-stylo (la macchina da presa per il regista doveva essere come la penna stilografica per lo scrittore) e la partecipazione libera dei giovani al cinema, che lanciò autori del calibro di Francois Truffaut, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Claude Chabrol ed Eric Rohmer. Le teorie del cinema francese divennero patrimonio comune dei vari nuovi cinema che si imposero nel mondo: il Free cinema inglese, il New american cinema, il cinema Novo brasiliano, la Nova Vlna cecoslovacca, lo Junger deutscher film. La nuova figura del regista non rappresenta più qualcuno che impara un mestiere, ma è colui che studia per conoscere un’arte che ormai ha una sua storia.
1970-1995 – Lo stile cinematografico europeo ebbe una grande influenza sul cinema statunitense della cosiddetta New Hollywood, registi come Martin Scorsese, Brian De Palma, Francis Ford Coppola e Robert Altman subirono il fascino del cinema d’oltreoceano, riportando la cinematografia americana ai grandi livelli del passato. In tutto il mondo, con l’affermarsi della televisione la figura del regista cambia connotati, si disperde nell’universo dell’audiovisivo. Conseguentemente il regista comincia ad appartenere sempre di più ad un’elìte e la sua autorialità è riconosciuta dal potere acquisito grazie al successo di pubblico, che gli permette di esercitare controllo anche a livello manageriale e produttivo. Al giorno d’oggi, per la facilità con cui si possono sperimentare all’infinito combinazioni e accostamenti tra le inquadrature, il montaggio è diventato una sorta di seconda regia, un ruolo già sottolineato in passato da alcuni grandi registi come Stanley Kubrick e Sergio Leone.
2000-2008 – Con l’avvento delle telecamere digitali e grazie a programmi di montaggio (per computer) elementari e alla portata di tutti, è lo stesso spettatore a divenire regista, riuscendo ad ottenere facile visibilità per i propri lavori grazie all’enorme potenziale di Internet. Si crea così un filo rosso che lega il grande media Internet alla figura dello spettatore cinematografico e a quella del regista, ormai divenuto un ruolo che tende a sfuggire a ogni tipo di definizione, pur preservando alcuni requisiti fondamentali. Al giorno d’oggi il concetto fondamentale è che tutti possono fare cinema.