Il sodalizio tra lo scrittore Niccolò Ammaniti e il regista Gabriele Salvatores si rinnova nel contrappunto ideale del bellissimo “Io non ho paura”: se nel film del 2003 i rapporti tra un padre e un figlio erano indagati nelle atmosfere calde e assolate della Basilicata, immerse tra bugie e campi di grano, in “Come Dio comanda” quello tra i protagonisti è un rapporto fatto di brutali verità bagnate dalla fitta pioggia del nord Italia, una pioggia che non purifica, ma che condanna, sotto la fredda luce di una torcia elettrica e il cielo plumbeo che non lascia spiragli di redenzione. Shakespeare guarda dall’alto personaggi che sembrano ispirati dalla sua penna: ma chi muove i fili di questi re, principini e matti che si muovono nel fango di strade sporche come certe coscienze? Un Dio assente, il corso delle cose o il delicato equilibrio tra odio e amore?
In una fredda città del nordest italiano il precario lavoratore Rino Zena (Filippo Timi), razzista e intollerante a tempo pieno, educa il figlio Cristiano ai valori dell’odio e della violenza, con tutto l’amore di un padre che cerca di far calcare i propri passi al suo ragazzo, anche se si tratta di passi che portano sulla strada sbagliata. L’unico amico di Zena è il disturbato Quattro Formaggi (Elio Germano), un ragazzo rimasto segnato da un incidente sul lavoro, che sembra innocuo e innocente fino a quando il battito animale del desiderio non lo porta a commettere la violenza più terribile. Il tutto sotto una pioggia battente che non lava i peccati dei personaggi, non cancellandone le svastiche dai muri né il sangue dai volti.
Tecnicamente è un film impeccabile, Salvatores dirige con la solita maestria gli eccellenti Filippo Timi ed Elio Germano (il quale si dimostra ancora una volta un attore completo e versatile), e un acerbo ma comunque encomiabile Alvaro Caleca. Ammaniti, anche autore della sceneggiatura, ha dovuto rinunciare ad essere fedele al suo libro, tagliando personaggi e situazioni per dar vita ad un qualcosa di diverso ma allo stesso tempo funzionale: a caldo l’impressione è che al film possa mancare qualcosa che lo completi, ma nel momento di adeguare le sensazioni all’atmosfera soffusa della pellicola ci si rende conto appieno della forza dei suoi personaggi e di come il rapporto tra la coerente cattiveria di un padre e l’innocente venerazione di un figlio venga affrontato con una sensibilità che non giudica nessuno, che è lì solo per osservare e constatare, lasciando allo spettatore la libertà di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Un film maturo e interessante, impulsivo come il suo trio di protagonisti, dove la fiamma dell’odio e dell’amore brucia, nonostante la pioggia.
pubblicato su Superga CineMagazine
Ho amato “Io non ho paura” e come ogni film che mi è piaciuto davvero tanto oltre a lasciarmi emozioni dentro, mi fà ricordare con entusiasmo anche il momento in cui l’ho visto. Ssicuramente molto presto vedrò “Come Dio comanda”, senza pregiudizi in modo da potermelo gustare in pieno!
ely
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Mi è piaciuto moltossimo il romanzo Io non ho paura e ho apprezzato anche la trasposizione cinematografica di Salvatores. Quest’altro romanzo di Ammaniti, invece, non l’ho letto, quindi a fine visione non potrò fare comparazioni tra romanzo e libro, la qual cosa forse è un bene.
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C’è sempre qualcosa che non mi convince nei film di Salvatores, ma non capisco bene cos’è….
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