Recensione “Il canto di Paloma” (2008)

Buio. Un canto che sembra un lamento. Un’anziana signora racconta il suo passato, il terrore negli occhi, il dolore nelle sue vene, e nel latte con cui ha cresciuto la sua bambina, figlia di una violenza. Nella scena iniziale c’è tutta la tragedia della storia di Fausta, la protagonista, nata da uno dei tanti stupri avvenuti durante il conflitto ventennale che ha avuto luogo in Perù, alla fine del secolo scorso, dove la violazione dei diritti umani era divenuta parte dell’orribile quotidianità. La pellicola di Claudia Llosa, vincitrice del Festival di Berlino, è fatta dello stesso dolore dei suoi personaggi, soffre con essi, e non lascia scampo allo spettatore, costretto a vivere le sofferenze del film, i suoi silenzi, i suoi dolorosi segreti.

Fausta vive nella povertà della periferia di Lima, l’imminente matrimonio della cugina sembra far passare in secondo piano la morte della madre. L’incubo di cui la ragazza è stata testimone dal ventre di sua madre sembra accompagnarla in ogni suo passo, al punto tale da spingerla ad infilarsi una patata nella vagina per avere uno scudo, una protezione contro i fantasmi del passato che non danno pace al presente, nonostante la guerra sia finita da anni. Unica via di scampo contro la paura è il canto, libero, improvvisato, consolatorio: come una bambina che cerca di allontanare i suoi incubi canticchiando, così Fausta attraverso il canto cerca di liberare la sua anima dal terrore in cui è nata e cresciuta.

Claudia Llosa racconta con una sensibilità tutta femminile una storia che potrebbe essere vera, figlia della Storia che il Perù ha conosciuto sulla propria pelle. Le immagini sono essenziali, i movimenti di macchina limitati, l’occhio della regista sembra perdersi nella povertà delle baraccopoli, chiamando lo spettatore a fare altrettanto. Le scenografie incantano, calde e suggestive, quasi ad offrire una via d’uscita dalla silente sofferenza del film. Per la giovane Fausta digerire il latte del dolore significherà trovare la strada che dalla paura si snoda verso la libertà.

pubblicato su Superga CineMagazine

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