Recensione “Questione di tempo” (“About Time”, 2013)

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Richard Curtis è un pasticcere del cinema: prepara torte, dolci, e confeziona i film che abbiamo voglia di vedere per sentirci un po’ più sollevati. Il suo segreto è nella scrittura: dalla penna di Richard Curtis nascono personaggi che sanno farci innamorare di loro, che vivono in un mondo in cui chiunque ha un briciolo di romanticismo in fondo all’anima vorrebbe vivere, almeno per qualche giorno. È successo per “Quattro matrimoni e un funerale” e “Notting Hill”, di cui Curtis è sceneggiatore, è stato ancor di più così per “Love actually” e “I love Radio Rock”, di cui è anche regista. Richar Curtis torna adesso in sala con il suo terzo lungometraggio in cui, dopo aver affrontato l’innamoramento e l’amore per la musica, racconta stavolta l’amore per la famiglia. Certo, si tratta pur sempre di una commedia romantica, in questo caso però le trame del destino possono essere sopraffatte dalla possibilità di viaggiare nel tempo.

Dopo aver compiuto 21 anni Tim viene a sapere da suo padre che tutti gli uomini della sua famiglia hanno un dono: possono viaggiare nel tempo. Non possono modificare gli eventi storici, ma possono tornare indietro nei loro ricordi, nella loro vita. Dopo questa notizia l’esistenza di Tim prende un’altra piega, userà questo potere per realizzare il suo sogno più grande: trovare l’amore. Il ragazzo si trasferisce a Londra dove incontra Mary: i viaggi nel tempo salvano Tim dalle situazioni più imbarazzanti, ma comportano anche alcune controindicazioni, almeno finché la vita non si rivelerà degna di essere vissuta, sia con i suoi alti che con i suoi bassi.

All’uscita dalla sala sarà praticamente impossibile non lasciarsi andare a qualche riflessione sulla propria vita: se avessimo anche noi questo dono quale momento della nostra vita vorremmo modificare? Quale invece è stato così perfetto da non ammettere repliche? Cosa è evitabile, e cosa inevitabile? Curioso come una commedia romantica ci ponga di fronte così tante domande, così come è curioso trovarci al suo interno una conversazione a proposito dei capelli di Jimmy Fontana (e ovviamente “Il Mondo” nella sempre curata colonna sonora). Richard Curtis ha confezionato un’altra bellissima torta cinematografica, originale, dolce e divertente, che magari non avrà la spinta rock n’ roll del suo film precedente, ma che comunque regala un paio d’ore di serenità e buone vibrazioni. Non è poco.

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