Festival di Roma 2013 (Giorno 6): Wes Anderson incontra il pubblico e dice “sto pensando a un film ambientato in Italia”

Wes il nome, Anderson il cognome. Sì, è lui il protagonista indiscusso della giornata e forse dell’intero Festival. Un personaggio che sembra uscir fuori da uno dei suoi film: spiritoso, curioso, colorato, il regista di “Moonrise Kingdom” è sembrato pienamente a suo agio all’incontro con Mario Sesti e con il pubblico dell’Auditorium. Accompagnato (a sorpresa) dall’attore Jason Schwatzman e dal produttore e co-sceneggiatore Roman Coppola (che lo scorso anno aveva presentato al Festival il miglior film in concorso, snobbato dalla giuria e dalla distribuzione italiana), Wes Anderson ha presentato “Castello Cavalcanti” (che potete vedere qui), un cortometraggio di otto minuti prodotto da Prada, ambientato nell’Italia degli anni 50. A tal proposito, ammaliato dall’esperienza di girare a Cinecittà, il regista si è lasciato andare ad una dichiarazione che ha scatenato gli applausi della platea: “Questo cortometraggio potrebbe essere il punto di partenza per un film ambientato nell’Italia degli Anni 50, ci sto pensando”. L’incontro è stato davvero memorabile, da inserire nella lista dei magic moments della storia del Festival romano, così come l’arrivo di Jason Schwartzman, accompagnato in auto da Franco Battiato (!): un’accoppiata vincente, degna di un film dello stesso Anderson.

Altro grande evento di oggi è stata l’anteprima de “Il paradiso degli orchi” di Nicolas Bary: a dir la verità l’evento non è stato tanto la proiezione del film (che uscirà in sala domani), quanto la presenza di Daniel Pennac all’Auditorium. Tra l’altro ho scoperto poco fa che il vero nome dello scrittore è Daniel Pennacchioni, e ciò mi ha sconvolto non poco. Il film di Bary è riuscito, funziona, e finalmente ho tirato un sospiro di sollievo: da fan della saga dei Malaussene ero terrorizzato all’idea di una trasposizione cinematografica non all’altezza. Il regista forse ha come unica colpa quella di escludere dal film il fascino di Belleville, il quartiere parigino dove si svolgono i fatti, che tra le pagine di Pennac si trasforma in un vero e proprio personaggio. Ma comprimere un romanzo cult in un film di un’ora e mezza non era certo operazione semplice: Bary ci riesce, i fan possono stare tranquilli. Ho domandato al regista se realizzerà anche gli altri libri della saga, e la sua risposta è stata vaga (ma sincera): “Non lo so ancora”. Speriamo di sì.

Altro film molto atteso quest’oggi era “Gods Behaving Badly” di Marc Turtletaub. La prima cosa a cui si pensa dopo averlo visto è stata: “Come ci sono finiti Christopher Walken e John Turturro in un film così brutto?”. Perchè di questo si tratta, un film brutto, ma brutto che dici BRRutto, con la R marcatissima. Regia impalpabile, attori svogliati, sceneggiatura scritta con i piedi. Un film che, nonostante un’idea di base piuttosto divertente (i Dei dell’Olimpo vivono nella New York di oggi in mezzo ai mortali), risulta essere semplicemente inguardabile. Che spreco.

I cinefili veri oggi si sono buttati su “Hard to be a god”, esperienza di tre ore firmata dal compianto regista russo Aleksej Jurevic German: chi ha avuto il coraggio di entrare ne è uscito estasiato, in molti hanno gridato al capolavoro. O si sono messi tutti d’accordo per convincere il pubblico a sorbirsi tre ore di film russo, oppure, molto più probabilmente, si tratta davvero di un grande film. Al regista russo è andato il Premio alla Carriera del Festival (quest’anno dunque un premio postumo). A proposito di cinefilia, domani sarà “protagonista” del Festival l’esatto contrario di questa parola: Checco Zalone, che intratterà il pubblico per un incontro-show di un’oretta. Ma non è lui che mi spaventa, il vero evento della giornata di domani sarà la doppia proiezione di “Hunger Games: Catching Fire”, con al seguito pullman carichi di ragazzine urlanti a caccia di autografi. La notizia buona è che vedremo la bella Jennifer Lawrence (premio Oscar lo scorso anno per “Il lato positivo”), la cattiva è che usciremo dall’Auditorium con i timpani distrutti dalle urla delle fan. Si salvi chi può!

Wes Anderson

Autografi per Wes Anderson

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