Martin Scorsese porta i suoi bravi ragazzi nel mondo della finanza e il risultato è un film di 180 minuti in cui ogni scena è spinta all’eccesso: denaro, sesso e droga all’ennesima potenza. Quella di Jordan Belfort è una storia (vera) che sembra vissuta appositamente per permettere a Scorsese di trasportarla su grande schermo: ci sono tutti gli elementi nei quali il regista newyorkese ama sguazzare. Vero è che non ci sono gangster e omicidi, ma cambiando gli addendi il risultato cambia poco. “The wolf of Wall Street” è un film totalmente sopra le righe, e ci gode ad esserlo: l’edonismo dei personaggi di Scorsese qui è moltiplicato, amplificato, esasperato e spinto all’estremo, grazie anche ad un cast di interpreti fuori dall’ordinario e una gran bella colonna sonora (che spazia da “Everlong” dei Foo Fighters a “Mrs Robinson” in versione Lemonheads, da “ça plane pour moi” di Plastic Bertrand fino addirittura a “Gloria” di Umberto Tozzi).
La storia segue l’ascesa e la caduta di Jordan Belfort, il broker che ha guadagnato miliardi di dollari grazie ad una serie di truffe ai danni dei suoi clienti. Un’ascesa folle, durante la quale Belfort si concede ogni forma di vizio: donne di ogni genere, una moglie mozzafiato (Margot Robbie…), droghe di ogni tipo, automobili, barche, elicotteri e qualunque tipo di follia (come ad esempio nani volanti lanciati contro un bersaglio). Un vortice di potere e denaro, dove l’adrenalina domina il mondo distorto in cui sembra affogare il suo protagonista, esaltato ed esaltante, avido e al tempo stesso generoso, affabile, gentile, ma al tempo stesso criminale.
Un gangster dei tempi moderni, un Robin Hood dell’alta finanza (rubava ai ricchi per dare a se stesso), un cowboy nel mondo selvaggio di Wall Street. Un lupo che non ha mai nascosto la sua passione per il sesso e per le droghe, un narcisista che ha vissuto la sua vita in funzione del denaro. Soltanto la straordinaria versatilità di Leonardo Di Caprio poteva rendere credibile un personaggio così complesso. Al suo fianco, il miglior Jonah Hill mai visto sullo schermo. Scorsese inanella una serie di scene madri, spinge ogni dettaglio, ogni attore, ogni sequenza fino all’estremo e talvolta anche oltre, gli unici limiti che si concede il suo film sono quelli che si pone lui stesso. Barocco, caleidoscopico, totalmente folle. Bentornato Mister Scorsese!
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