Recensione “Non buttiamoci giù” (“A long way down”, 2013)

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Nick Hornby e il cinema sembrano essere fatti l’uno per l’altro: “Febbre a 90” di David Evans è divenuto un film di culto per ogni amante del pallone (oltre ad essere una delle commedie romantiche più belle ed originali degli anni 90); “Alta Fedeltà” ha lanciato la carriera di Stephen Frears ed è anch’essa una della commedie romantiche più fresche e memorabili degli anni passati. “About a boy”, neanche a dirlo, è uno dei film più divertenti di Hugh Grant. Lo stesso Hornby ha poi scritto la sceneggiatura di “An education”, per la quale ha ricevuto una nomination agli Oscar. “Non buttiamoci giù” è il quarto romanzo dello scrittore inglese a finire su pellicola, ma probabilmente è il meno riuscito: forse il materiale di partenza non era allo stesso livello di quelli già citati, ma il francese Pascal Chaumeil fallisce l’appuntamento con il suo primo film in lingua inglese.

Quattro sconosciuti totalmente diversi tra loro per carattere, situazione sociale, guai e vicende, si ritrovano la notte di Capodanno sul tetto di un edificio londinese tristemente noto come luogo prediletto per aspiranti suicidi. L’incontro e la situazione sono talmente surreali da distogliere i quattro dai loro propositi di morte. Dopo l’imbarazzo iniziale decidono di stringere un patto: nessuno di loro si suiciderà per le prossime sei settimane, e in un modo o nell’altro ognuno si adopererà per cercare di rendere migliore l’esistenza degli altri tre sventurati.

Rispetto al delizioso libro di Hornby manca ritmo e coinvolgimento. Pierce Brosnan e Toni Collette (curiosamente già vista nella parte di una madre depressa proprio in “About a boy”) ci mettono l’esperienza, Aaron Paul e Imogen Poots la freschezza giovanile, ma il film sembra perdere colpi man mano che passano i minuti. Uno dei punti di forza del romanzo era inoltre il continuo scambio di narratore, con le vicende che venivano raccontate ad ogni capitolo da un personaggio diverso: nel film si tenta lo stratagemma delle quatto macrosequenze ognuna intitolata ad un protagonista, ma l’effetto finale risulta in qualche modo meno riuscito. Si ridacchia a tratti, ma non basta.

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