Liberamente tratto da “La cena” di Herman Koch, l’ultimo film di Ivano De Matteo continua l’indagine del regista a proposito del disfacimento del nucleo famigliare. Se nell’applauditissimo “Gli equilibristi” un elemento esterno alla famiglia (il tradimento del marito) aveva incrinato e infine ridotto a pezzi il normale equilibrio di una famiglia come tante, in questo suo ultimo lavoro il regista ci racconta cosa può succedere se la crepa nasce all’interno della famiglia stessa. De Matteo trae dal romanzo di Koch quel velo annoiato e apparentemente quieto di una realtà borghese pronta a rivelare il suo vero volto soltanto nel momento in cui scoppia la crisi. Quando il rumore dei cocci sarà assordante, come potranno queste due famiglie far fronte alle difficoltà?
Due fratelli, diversissimi per carattere e modo di vedere il mondo, uno avvocato senza scrupoli e l’altro affettuoso e sorridente pediatra, si ritrovano ogni mese in un ristorante insieme alle rispettive mogli per conversare sul più e sul meno. Una notte i loro figli adolescenti, di ritorno da una festa, picchiano a sangue una barbona. Le telecamere di sicurezza riprendono tutto e la televisione manda in onda le immagini. Non ci sono testimoni, nessuno ha identificato i ragazzi, tranne i genitori… Cosa fare quando qualcuno così vicino a te commette un atto di questa gravità? Cosa deve prevalere, l’amore, il senso di protezione o la giustizia?
Il primo pensiero va al successo de “Il capitale umano” di Virzì: le ipocrisie della borghesia, figli ricchi, viziati e potenzialmente pericolosi, un crimine commesso proprio da loro e rimasto impunito. Ma al di là dei parallelismi, il film di De Matteo vive di vita propria, si nutre di quella violenza nascosta che emerge quasi casualmente in maniera dirompente, minando alle basi le fondamenta della tranquillità famigliare. Quando succede tutto questo i ruoli si perdono, ognuno rivela la sua natura profonda, sino ad un finale totalmente spiazzante, che lascia nello spettatore un profondo senso di inquietudine.
Ho letto il libro di Koch e mi è piaciuto. Non ho ancora visto il film, ma leggere che i due fratelli diventano “uno avvocato senza scrupoli e l’altro affettuoso e sorridente pediatra” mi fa pensare che il regista si sia preso un po’ troppa libertà. Cerco di recuperare il film qui in Belgio!
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Esatto, il libro è un’idea di base, il film è liberamente tratto da esso (come dichiarato dallo stesso regista)
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Non è un avvocato senza scrupoli nel film e un avvocato che fa il suo mestiere normalmente questo mostra il film certo e una penalista e ovviamente difende chi commette i reati!
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“I nostri ragazzi” è un’opera tesa, non un drammone fine a se stesso, che va oltre le note nevrosi mucciniane o morettiane, che suscita domande e nega le risposte, che ci pone una questione morale senza farci la morale. Da vedere! http://goo.gl/THGKbd
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Personalmente appena uscita dalla sala ho provato un sapore amarognolo, proprio quel sapore tipico che lasciano i film con argomenti struggenti e di forte impatto emotivo ma raccontati in modo discreto, senza impegno e senza una reale attenzione. Ho avuto l’impressione che per la consapevolezza della drammaticità della storia Ivano de Matteo non si sia sprecato più di tanto, limitandosi a inquadrature e dialoghi per lo più banali, senza quel coinvolgimento artistico, emotivo, personale che Virzì ha aggiunto nel suo Capitale Umano e che a parità di vicende tragiche,per me lo rende un film di intensità maggiore. La chiusura del film, così scenica e d’impatto mi è sembrato che confermasseappieno il mio pensiero. Perciò film passabile, nulla di più.
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