Tutto avrei pensato, tranne che trovarmi con gli occhi lucidi al termine di questo documentario. Spesso ci dimentichiamo che dietro al Cinema, all’industria o alla macchina dei sogni, ci sono degli esseri umani, persino dietro un genio come Stanley Kubrick. Alex Infascelli porta sullo schermo il bellissimo libro di Filippo Ulivieri (lettura obbligatoria per ogni appassionato di cinema), traendone un documentario che, seppur costruito su una lunga intervista, riesce a toccare le corde dello spettatore con la sua umanità, con l’appassionante e sincero ricordo di un uomo comune catapultato in un mondo straordinario: Emilio D’Alessandro.
Il documentario ripercorre, attraverso la voce del protagonista, la incredibile storia di Emilio D’Alessandro, immigrato italiano a Londra, pilota di auto da corsa e in seguito, per puro caso, autista personale, tuttofare, uomo di fiducia e migliore amico di Stanley Kubrick, oltre che testimone oculare della realizzazione dei suoi ultimi quattro capolavori.
Già dalla prima scena ci si immerge completamente nella storia: Infascelli entra nel garage di Emilio D’Alessandro, nella sua residenza a Cassino, trovando un vero e proprio museo kubrickiano: oggetti di scena, lettere, biglietti, costumi e ricordi tratti da “Barry Lyndon”, “Shining”, “Full Metal Jacket” e “Eyes Wide Shut”, un film quest’ultimo che stava rischiando di saltare dopo le dimissioni provvisorie di Emilio. Il protagonista racconta la sua vita con Stanley con un velo di malinconia, gli occhi lucidi ma anche tanta ironia. Testimone degli ultimi giorni di vita di Kubrick, D’Alessandro afferma che ancora oggi, quando sente squillare il telefono, si immagina per un momento che possa essere proprio il suo vecchio amico. La storia di un’amicizia lunga quasi trent’anni che, nonostante le differenze caratteriali, ha unito due persone totalmente vicine dal punto di vista umano: “Non avevo mai visto un film di Stanley perché mi sembravano troppo lunghi. Quando sono tornato in Italia però ho deciso di vederli, e soltanto lì mi sono accorto che era un genio”. Vincitore del David di Donatello per il Miglior Documentario. Un gioiello.