Festa del Cinema di Roma 2024 – Giorno 1: Il tappeto rosso è steso. Le esposizioni fotografiche nel foyer dell’Auditorium sono montate. Gli stand aperti. L’ufficio stampa, con il suo preziosissimo frigorifero pieno di bottigliette d’acqua, attivo. Tutto sembra pronto per l’inizio della Festa del Cinema numero 19, dopo il succulento antipasto di ieri, con il bellissimo incontro con Francis Ford Coppola. Stamattina lascio a casa la bici e, visto l’orario comodo, mi concedo il lusso di andare all’Auditorium in metropolitana, anche se il cambio a Termini e l’attesa per la navetta che sostituisce il tram 2 la rende una soluzione che non è possibile applicare ogni giorno (soprattutto quando dovrò entrare alle 9). Proprio sulla navetta ci sono due signore che chiacchierano. Quando passiamo davanti all’Auditorium, prima della mia fermata, una fa all’altra: “Ao ma che so sti capannoni? Ah, CINEMA, ce sta la cosa là all’Auditorium…”. Al che l’amica commenta: “E sti cazzi?”.

Ecco, questo è davvero il modo migliore per iniziare la Festa del Cinema, con un bello “sti cazzi” nell’orecchio, un minuto prima di varcare proprio quella soglia con la grande scritta, che dà il benvenuto all’Auditorium. Da tradizione, il primo giorno riesco a vedere soltanto un film, quello d’apertura, e anche quest’anno il mio proposito è rispettato. Ad aprire le danze ci pensa infatti l’opera di Andrea Segre, Berlinguer – La Grande Ambizione, in cui il regista veneto racconta forse l’ultimo grande uomo politico italiano, nel momento di una possibile svolta. Il film è racchiuso da due cornici di sangue, concentrando la storia tra il golpe cileno del 1973, dove perde la vita Salvador Allende, e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, nel 1978. Già il fatto che Berlinguer è, credo, l’unico politico italiano ad avere il proprio nome sul titolo di ben due film (uno è questo, l’altro è ovviamente quello di Giuseppe Bertolucci) restituisce la grandezza del personaggio, un uomo che ha dato anima e cuore per il suo partito, per il suo popolo, per i suoi ideali e che, visto oggi, stride moltissimo con gli attuali rappresentanti di governo, alle cui idiozie e pagliacciate siamo ormai quotidianamente abbonati. Elio Germano, curvato nella postura, sente il peso di un ruolo così delicato, a cui regala una grande umanità, la forza dietro la fragilità, o viceversa. Da notare una scena in cui Berlinguer, alla Festa dell’Unità, urla alla folla “Buona Festa a tutti!”: sarebbe stato un bellissimo spot per la Festa del Cinema, ma anche quest’anno purtroppo non sono stato assunto per curare la comunicazione. Tornando a noi, il film di Segre forse è più interessante che bello, funziona molto di più nella sua accuratezza storica, nella rivelazione di alcuni dialoghi inediti con Moro o Andreotti, nel ritrarre il modo in cui l’uomo riusciva a legare la sfera pubblica a quella privata (“Che rispondiamo agli Stati Uniti?”, “Vaffanculo”, urlano i figli, bellissimi), più che da un punto di vista prettamente cinematografico, in cui la storia non sempre segue una struttura di grande impatto (la trovata più “cinematografica” è forse il ritrovamento di una banconota da 50mila lire in un libro, una linea di sceneggiatura perfettamente raccolta): Segre viene dal documentario e si vede, il film è un flusso di discorsi, comizi, speranze, ambizioni (come da titolo) e tentati compromessi, più che la parabola di un uomo che voleva cambiare il mondo. Ma è esattamente il film che avevo bisogno di vedere ed è stato un bel regalo per il mio compleanno.
Già, anche quest’anno la Festa del Cinema coincide con il mio genetliaco ed è il motivo per cui dopo la proiezione sono scappato a casa per scrivere queste righe, mangiare e preparare un bel tiramisù per festeggiarmi come si deve. Per una full immersion alla Festa del Cinema, c’è ancora tempo: ci stiamo solo scaldando.


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