Il 1954 è stato un anno speciale nella storia italiana: l’avvento della televisione, la nascita del festival di Sanremo, il lancio delle prime automobili utilitarie lo ha reso probabilmente uno dei momenti più accecanti del boom economico, dove illusioni e speranze si fondevano in un tutt’uno con l’ottimismo. All’interno di questa cornice nasce l’ultimo film di Pupi Avati, che attraversa la Bologna raccontata dal “Papà di Giovanna” per spostarsi verso un leggendario bar della celebre via Saragozza, con i suoi eclettici frequentatori.
L’occhio del regista è offerto dalla figura di Taddeo, detto Coso, un ragazzo di 18 anni che non desidera altro che entrare a far parte della cerchia del bar Margherita. L’occasione arriva quando Al decide di usare il ragazzo come autista per i suoi giri notturni: Coso entra così a far parte di un mondo speciale nella sua normalità, fatto di tic, sogni, goliardia e scherzi mostruosi. La carrellata di personaggi del bar vanta le personalità più differenti, che messe insieme riescono a creare un’alchimia esplosiva, capace di far saltare matrimoni o di mandare a Sanremo chi non sa cantare.
Diego Abatantuono, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Fabio De Luigi, Laura Chiatti, Luisa Ranieri, Gianni Cavina, Katia Ricciarelli e il giovane Pierpaolo Zizzi: solo alcuni dei nomi di questo film corale che permette a Pupi Avati di tornare con la mente alla sua adolescenza per raccontare personaggi da lui mitizzati, innalzati a veri e propri déi, prima che la maturità e i sogni nel cassetto lo portassero lontano da quei luoghi protettivi ma privi di futuro. Un film corale dove ogni personaggio è la ruota di un carro che funziona, che magari non va troppo lontano, ma che riflette la nostalgia per un passato ascoltato mille volte nei leggendari racconti di genitori e zii, quando si stava meglio pur stando peggio. Avati non fa altro che questo: racconta la storia della “sua” Bologna con il cuore in una mano e la macchina da presa nell’altra, e soprattutto con lo sguardo di un uomo maturo degli anni 2000. L’Italia era anche questa qua.
pubblicato su Superga CineMagazine
Che strana scelta degli attori del cast comunque…da un lato mi fa pensare ad un film autoriale, dall’altro ad una specie di cinepanettone. Che Avati abbia raggiunto la via di mezzo?
"Mi piace""Mi piace"
non è mai volgare, ha delle situazioni divertenti e i personaggi sono caratterizzati bene, m’è piaciuto, niente a che vedere coi cinepanettoni (nonostante de luigi o abatantuono, entrambi molto bravi)
"Mi piace""Mi piace"
Grande! Adoro Avati, la tue parole mi fanno sperar bene…non vedo l’ora di vederlo!
"Mi piace""Mi piace"
Sembra un "Amici miei" in tono molto minore. Le vicende dei personaggi sono banali, circoscritte, prevedibili e tristanzuole. La loro caratterizzazione e` macchiettistica e eccessivamente caricaturale. Il protagonista principale, l'alter ego del regista, in particolare, e` interpretato in maniera troppo fiacca. Questo fa si che lo spettatore non si appassioni alla storia. E` uno dei film meno riusciti di Pupi Avati. In un buon cast di attori italiani, alcuni dei quali "alla moda", spicca un Lo Cascio in un ruolo per lui inedito.
"Mi piace""Mi piace"