Non era facile girare il remake di un capolavoro, soprattutto quando sono passati soltanto due gli anni di distanza tra i film. Matt Reeves riesce nell’impresa di non farci rimpiangere troppo lo splendido “Lasciami Entrare” di Tomas Alfredson, proponendoci una versione americana non troppo differente dall’originale, a sua volta tratto dal best seller omonimo di Lindqvist. Se da un lato si può essere soddisfatti dalla certezza di non trovarsi di fronte al “solito remake americano”, dall’altra ci domandiamo che bisogno c’era di girare un film praticamente uguale al precedente a distanza di soli due anni (la risposta è ovviamente nel box office USA). Ad ogni modo nonostante lo scetticismo iniziale il film funziona, e anche bene, concentrandosi teneramente sul rapporto tra i due piccoli protagonisti, e lasciando al margine le sequenze horror che, conoscendo il cinema americano, si temeva potessero essere il fulcro della storia.
Il giovane Owen vive in una cittadina di provincia statunitense, i suoi stanno divorziando, sua madre beve troppo e a scuola è vittima dei soprusi dei bulli. Nell’appartamento accanto al suo si trasferisce Abby, una coetanea particolare e un po’ strana. Owen ha finalmente trovato un’amica con cui parlare, notando subito che si tratta di una persona speciale: in realtà Abby ha bisogno di sangue per vivere, ed è costretta ad uccidere ogni notte per nutrirsi. I due bambini stringono un’amicizia tenera e speciale, ma Owen ancora non sa la verità sulla sua piccola amica.
Accompagnato dalle musiche di Giacchino (”Lost”, “Up”, per citarne un paio), il film di Reeves conquista anche gli scettici, immergendo il delicato rapporto tra Abby e Owen nel contesto dell’America reganiana, alle prese con la guerra fredda. Saremo onesti: non c’era assolutamente bisogno di un remake dello svedese “Lasciami Entrare”, ma non possiamo non applaudire la versione di Reeves, girata bene, interpretata benissimo, e pienamente convincente. Festeggiamo dunque il ritorno della Hammer Films, storica casa di produzione inglese (per intenderci, quella di “Dracula” del 1934), dopo oltre 30 anni di assenza: “Let me in” (che la distribuzione italiana ci propone con l’orripilante nome “Blood Story”) è il modo migliore per tornare nel cinema dei grandi.
pubblicato su Livecity