Capitolo 186

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Autunno pieno. Non ci sono più le mezze stagioni, direbbe qualcuno. Di ritorno da Londra, con il suo bellissimo festival del Cinema (il BFI) che ho avuto appena modo di incrociare, torniamo a noi, ai film, e a tutto ciò che serve per combattere il freddo: il cinema. In questo capitolo quattro film ancora presenti in sala, un grande capolavoro del passato e una pellicola veramente evitabile. Mentre leggete io intanto mi soffio il naso. Ecciù!

Tutti i santi giorni (2012): I film di Virzì hanno sempre qualcosa di speciale. Non sono filmoni, raramente ce li portiamo dietro negli anni con ricordi sensazionali, ma nel momento in cui li vedi hanno il potere di metterti a tuo agio, di farti sentire a casa, e di goderti il momento. Quest’ultimo lavoro non fa eccezione: una bella coppia di personaggi, molta ironia, e la fondamentale sensazione di aver speso bene i soldi del biglietto. Molto carino.

Gli Intoccabili (1987): Curioso vedere questo film pochi giorni prima della condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, proprio come Al Capone. “E processiamo un assassino perché non paga le tasse?” dice Eliot Ness in una scena del film, uno dei miei preferiti, uno dei miei film del cuore. Chicago, il proibizionismo, l’esperienza di Sean Connery, la caparbietà di Kevin Costner, la sfrontatezza di Andy Garcia, la precisione di Charles Martin Smith, la fiera crudeltà di De Niro. E poi quel finale, con la scalinata della stazione, la carrozzina, la scivolata di Andy Garcia, uno, due, e la nascita di una leggenda del cinema per sempre. Capolavoro.

Cogan (2012): Che bella sorpresa! Ambientato negli Stati Uniti a cavallo tra Bush e Obama (le cui dichiarazioni in televisione sono la punteggiatura del film), gli States sono in crisi economica, una crisi che si riversa anche nella malavita, come in tutto il resto. Uno sguardo amaro sul sogno americano che non esiste più (se mai è esistito), con un Brad Pitt d’occasione e una colonna sonora che spacca (“When the man comes around” di Johnny Cash, “Heroine” dei Velvet Undergroung, qualcos’altro di Nico). Gli Stati Uniti di “Cogan” sono un luogo dove la gente si sente sola, dove la gente è sola, “un Paese che non è una comunità, è un business. E adesso pagami!”. Bellissimo.

Le Belve (2012): Oliver Stone non è mai stato uno dei miei registi preferiti, lo confesso. E anche stavolta non mi regala niente di particolarmente indimenticabile. Un film che tocca la sufficienza, non eccelle mai, prima di perdersi con un doppio finale che non può che provocare fastidio nello spettatore. Film costruito, impacchettato e servito, certamente penalizzato anche dal doppiaggio italiano (l’accento messicano messo in bocca a Benicio Del Toro e Salma Hayek è bruttissimo). Niente di inguardabile, ma neanche di particolarmente interessante.

Io e te (2012): Bernardo Bertolucci è forse l’ultimo dei grandi autori italiani, o perlomeno uno dei pochi rimasti. Si prende i suoi rischi prendendo due attori esordienti e sbattendoli dentro una cantina, dove dovranno reggere tutto il film sulle loro spalle: i ragazzi ci riescono e il cinema italiano ringrazia. Colonna sonora da urlo (“Rebellion” degli Arcade Fire, “Boys don’t cry” dei Cure, “Sing for absolution” dei Muse e ovviamente “Space Oddity” di David Bowie, nel film anche nella versione italiana “Ragazzo solo, ragazza sola”). Un finale dal meraviglioso sapore di Nouvelle Vague (il riferimento a “I 400 colpi” di Truffaut è evidente) e il piacere di un bellissimo film.

Un altro mondo (2010): Passato casualmente in tv, in una notte senza film, ho cominciato a guardarlo. Già il fatto che fosse diretto e interpretato da Silvio Muccino avrebbe dovuto mettermi in guardia, per quanto ho sempre apprezzato i ruoli del nostro ai tempi in cui veniva diretto dal fratello Gabriele. Qui però, nel pericoloso compito di autodirigersi, fallisce il colpo, direbbe qualcuno che vuole mantenersi buono. Il punto è che dopo neanche mezzora si arriva alla conclusione di trovarsi di fronte ad un film imbarazzante, con dialoghi inesistenti, ritmo bassissimo, sceneggiatura molla, pronta a sbriciolarsi da un momento all’altro. Come ci sia finita “Secret Garden” di Bruce Springsteen dentro un film così brutto, questo è uno dei misteri del cinema.

pubblicato su Livecity

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2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Valentina Ariete ha detto:

    L’anima cinefila e musicoflila del 3rolls si fondono sempre più!
    Quando comincerai a recensire film usando una sola foto?!

    Vale

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  2. Lessio ha detto:

    eheh avevo notato anche io che mi sono spinto un po’ troppo sulla musica stavolta..! usare una foto per recensire film? sarebbe troppo postmoderno, non me la sento, non ancora..! 😉

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