Recensione “Il sospetto” (“Jagten”, 2012)

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Un titolo hitchockiano per una pellicola di rara potenza: probabilmente è dai tempi di “Festen” (1998) che Thomas Vinterberg non dirigeva un film così bello e importante, una moderna caccia alle streghe immersa in un’idilliaca vita di paese (almeno all’apparenza). Non è mai facile tenere a bada una comunità in rivolta, a meno di non trovarsi in un film di Peckinpah: qui, nella tranquilla campagna danese, il pettegolezzo e le maldicenze si insinuano tra gli abitanti come un virus, fino a degenerare. Un meraviglioso e mai domo protagonista (Mads Mikkelsen, miglior attore a Cannes 2012), la sensazione kafkiana di un’accusa assurda piombata a ciel sereno, una sceneggiatura perfetta in ogni dettaglio: “Il sospetto” va inserito immediatamente tra i film migliori dell’anno.

Lucas è da poco uscito da un divorzio difficile, ha perso il lavoro e per il momento deve accontentarsi di un impiego come assistente in un asilo. Le cose si mettono meglio quando incontra una nuova compagna e ricuce il rapporto con il figlio adolescente. Improvvisamente però una delle bambine dell’asilo inventa una storia qualsiasi per vendicarsi di un piccolo rimprovero subìto da parte del suo maestro: il sussurro diventa voce, la voce diventa storia, la storia si trasforma in un virus che divampa da un orecchio all’altro, fino a creare un’ondata di isteria collettiva che prende possesso della comunità campagnola dove vive Lucas. Il protagonista viene così licenziato, etichettato come perverso, pedofilo, psicopatico. Lucas sarà costretto a cominciare una battaglia personale per difendere il suo nome, la sua dignità, la sua vita.

Un film che fa male, come l’ingiustizia che ci coglie all’improvviso, e ci fa sentire vittime. Il tema del “pensiero come virus” è affascinante e spaventoso al tempo stesso: una voce, se prende corpo, può diventare incontrollabile, fino a trasformare l’identità di una persona in quella stessa storia. Come in Pirandello, basta un’idea per trasformare il giudizio a proposito di qualcuno, e qui Lucas perde i suoi uno e centomila fino ad essere trasformato in un signor nessuno odiato dalla comunità, oltre che aggredito, minacciato ed umiliato. Un odio che lascia segni, sul protagonista come sullo spettatore. Meraviglioso.

pubblicato su Livecity

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