Dietro ogni storia, c’è sempre un’altra storia. Così come dietro un’onda del mare c’è sempre un’altra onda, o dietro un raggio di sole una fonte di luce. Allo stesso modo, dietro uno dei film Disney più leggendari di sempre, “Mary Poppins”, c’è un universo di difficoltà coperte dal velo del passato: le difficoltà d’infanzia della giovane Pamela Travers (la scrittrice del libro dal quale è stato tratto “Mary Poppins”), costretta a crescere in fretta nella campagna australiana, ma anche le difficoltà nella fase di pre-produzione del film, con la scrittrice continuamente irritata dall’atmosfera di allegria impeccabilmente confezionata dall’industria di Walt Disney. Il film di John Lee Hancock parla proprio di questo: del difficoltoso processo di produzione e scrittura di uno dei film più amati degli anni 60, o meglio, di ciò che si trovava sulle spalle della protagonista di questo stesso processo.
Da vent’anni Walt Disney sta cercando di convincere la bisbetica scrittrice P. L. Travers a cedergli i diritti per la trasposizione cinematografica del suo romanzo più celebre: “Mary Poppins”. La scrittrice non ha assolutamente intenzione di trasformare la sua creatura in un altro mattone dell’industria hollywoodiana, ma vista la sua delicata situazione finanziaria, stavolta accetta quantomeno di incontrare Disney e i suoi collaboratori a Los Angeles per leggere la sceneggiatura e assicurarsi il controllo totale sull’opera. Litigiosa, incontentabile, stravagante, austera: la signora Travers è legata ai suoi personaggi a tal punto da rendere la pre-produzione del film un inferno, ma andando a scavare nel suo passato Walt Disney scoprirà il perché.
Esclusa incredibilmente dalla corsa agli Oscar, Emma Thompson (già vincitrice due volte della statuetta) sfodera una di quelle interpretazioni che valgono una carriera. A farle da spalla, un cast di eccellenti interpreti capeggiato da Tom Hanks nei panni di Walt Disney (vanno comunque citati gli ottimi Paul Giamatti, Jason Schwartzman e Colin Farrell). Il regista Jason Lee Hancock porta sullo schermo una delle trattative più leggendarie di Hollywood, mescolando con mestiere le sue dosi di dramma (il passato australiano della protagonista) e ironia (le sequenze di Los Angeles, senza dubbio le più riuscite del film). Un paio d’ore che restituiranno ai fan di “Mary Poppins” la giusta nostalgia, e che ci lasciano con il dubbio di dover essere anche noi salvati e restituiti alla vita, come il Mr. Banks del film del 1964. Occhio ai titoli di coda, c’è una simpatica sorpresa.
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Davvero, è incredibile Emma Thompson, ed è scandaloso che quelli dell’Oscar non l’abbiano candidata. Ha all’attivo un Oscar di miglior attrice (Casa Howard, 1992) e di sceneggiatrice (Ragione e sentimento, 1995). All’Academy “si sono bevuti il cervello”: dopo diciotto anni dall’ultima nomination per quest’attrice/sceneggiatrice di grande talento, si sono persi l’occasione di onorarla nuovamente.
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Sono d’accordo. Chi avresti escluso dalla cinquina delle protagoniste candidate? Io l’unica che non ho visto all’opera tra le cinque è Meryl Streep, quindi è la sola (non molto accettabile) ragione per cui escluderei lei (anche perché nomination più, nomination meno, non le cambia la vita..!)
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