Recensione “C’est dur d’être aimé par des cons” (2008)

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Nel 2015 “Charlie Hebdo” è diventato tristemente noto in tutto il mondo, non c’è bisogno di spiegare il perché. Però già dieci anni prima il settimanale, allora diretto da Philippe Val, si è trovato al centro di un vero e proprio caso mediatico a causa della pubblicazione delle vignette danesi che in quel periodo stavano scatenando le ire dei musulmani. Philippe Val viene citato in giudizio e Daniel Leconte, giornalista e produttore, decide di seguire giorno per giorno il processo, cominciato nel 2007, alternandosi tra la redazione di Charlie (all’interno della quale il documentario ci riconsegna i volti sorridenti dei vari Charb, Cabu e Wolinski) e le aule del tribunale, dove il regista cattura in tempo reale gli umori e le impressioni di vari protagonisti del processo: gli avvocati delle due parti, gli intellettuali, gli uomini politici, gli accusatori, gli stessi media.

Quel che ne esce fuori è un quadro piuttosto lucido sulla questione: la voce degli accusatori di Charlie è sempre al centro del dibattito, ma non può che uscire sconfitta contro la libertà di espressione, la libertà di ridere, che esce a testa alta dopo 108 minuti di interviste, opinioni, scambi di battute e imprevedibili manifestazioni di sostegno anche da parte di coloro che vengono costantemente derisi dal settimanale (come l’allora premier francese Nicolas Sarkozy).

Un pregio del lavoro di Leconte è quello di sottolineare la distinzione tra i musulmani e gli integralisti, sono questi ultimi infatti i bersagli delle vignette. A chi accusa “Charlie Hebdo” di soffiare sulle braci accese, Val risponde: “Quali braci, quelle delle rovine del World Trade Center? Della stazione di Madrid? Degli attentati di Londra? Queste sono le braci. Questo vuol dire che siccome siamo spaventati, non abbiamo il diritto di prendere in giro ciò che ci fa paura? Sarebbe come dire che siamo responsabili per coloro che ci terrorizzano. Se qualcuno commette omicidi di massa in nome della religione, noi abbiamo il diritto di dire come la pensiamo sul modo in cui questi individui intendono la religione. Questo è il motivo per cui questo processo è così importante”. Gli fa eco Charb (una delle vittime dell’attentato del 7 gennaio scorso): “I musulmani sono rimasti scioccati, va bene, hanno il diritto di essere scioccati, anche io posso restare scioccato se ascolto il sermone della messa della domenica in tv, ma non vado in chiesa a picchiare il prete o non vado in moschea a schiaffeggiare qualcuno, tutti hanno il diritto di essere scioccati”. Infine, tra un’opinione e un’altra, suonano tristemente profetiche le parole della filosofa Elisabeth Badinter che, a proposito dei redattori di “Charlie Hebdo”, afferma: “Per me sono degli eroi, per il coraggio che stanno mostrando. Sappiamo benissimo cosa può succedere, può accadere qualcosa di brutto e lo sappiamo tutti, non è una fantasia”. Era febbraio del 2007. 8 anni dopo, la Storia incombe su Charlie.

Il film è disponibile fino al 16 febbraio in streaming gratuito (in francese con sottotitoli in inglese) sul sito del MyFrenchFilmFestival

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