Soltanto Paolo Sorrentino poteva girare un film come questo, in cui all’uscita dalla sala cerchi di capire se ti è piaciuto o meno, pensi di sì, ma non ne sei sicuro del tutto. Sono film che ti accompagnano sulla strada verso casa, i suoi personaggi passeggiano al tuo fianco e ad un certo punto avresti voglia di girarti per scambiare alcune opinioni con loro. “Le emozioni sono sopravvalutate”, afferma il protagonista, e vorresti convincertene, ma soltanto alla fine capisci che non è così. Fred Ballinger non è meno apatico, nè meno annoiato del Jep Gambardella de “La Grande Bellezza”, i due in realtà hanno molto in comune, sono due osservatori: se quello interpretato da Servillo però affrontava la vita con lucido cinismo e con una profonda consapevolezza della società in cui si muoveva, il direttore d’orchestra in pensione interpretato da Michael Caine è un uomo che non vuole più chiedere nulla alla vita, guarda al passato ma lo rifiuta costantemente (non vuole tornare a dirigere, respinge ogni proposta di scrivere un libro di memorie), dall’altra parte di questa medaglia c’è però Mick Boyle, anziano regista in cerca della consacrazione, che invece nel passato ci sguazza, lo tiene sempre vicino e lo accarezza fino a ritrovarcisi travolto.
I giovani che popolano il lussuoso albergo ai piedi delle Alpi, dove si svolge l’intera vicenda, sono vitali, vivono il proprio tempo con leggerezza, sembrano tenere il proprio futuro in mano, tanto vicino quanto lontano è invece il passato dei due vecchi amici: anche la leggerezza, in fondo, è una specie di perversione? I personaggi di contorno nei film di Sorrentino non sono mai casuali, o banali: il potere del desiderio che permette al monaco tibetano di liberare la sua testa dalle leggi della fisica, la nostalgia per il passato che riporta il più grande calciatore della storia, un finto Diego Armando Maradona appesantito dalla sua leggenda, a regalare a se stesso la soddisfazione di avere ancora “quel” piede sinistro (che meraviglia quello scambio di battute con Paul Dano). Un omaggio al tempo che non c’è più, alla potenza del desiderio, alla forza dei rimpianti, un inno alla nostalgia che ogni tanto bussa alla porta, a quel passato così lontano da non ricordarci se è poi davvero esistito, quel passato che talvolta ci manca, che talvolta delude, con il quale infine impari a convivere se vuoi sopravvivere.