Dimenticate quei noiosi fantasy hollywoodiani, in cui effetti speciali all’avanguardia sono spesso costretti a tappare i buchi di sceneggiature zoppe per tentare di evitare una lunga serie di sbadigli. Date a un italiano un genere cinematografico che non appartiene né alla sua cultura, né tantomeno alla sua filmografia, e vedrete finalmente qualcosa di interessante e senza dubbio particolare. Qualcosa di nuovo. Il nuovo film di Matteo Garrone strappa così i suoi primi consensi, in attesa della presentazione a Cannes: liberamente tratto dall’antico libro di fiabe popolari, “lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, il film di Matteo Garrone mescola il reale con il fantastico, il desiderio con la paura, spingendo i personaggi, e i loro sentimenti, sino all’estremo.
In tre regni non lontani tra loro, tra principi e re, mostri marini e saltimbanchi, orchi e cortigiani, si svolgono le storie di tre donne di età diversa: una regina ossessionata dal desiderio di avere un figlio; un’ingenua donna anziana, smaniosa di sentirsi giovane e bella; una principessa infantile e sognatrice, in conflitto con il padre e costretta alla violenza per potersi finalmente riscoprire libera e adulta. Tre storie diverse e al tempo stesso simili tra loro per la commistione tra comico e macabro, tra il fantastico delle vicende e il reale dei sentimenti. Un mondo tragico e grottesco, dove un’ossessione è spinta sino alle estreme conseguenze, dove le aspettative di un desiderio si realizzano nella sua disillusione, dove la gelosia e la violenza si trasformano in un cane che si morde la coda. Garrone si conferma un regista elegante e sorprendente, inoltre questa potrebbe essere finalmente la volta buona in cui smetteremo di dire che in Italia si fanno sempre gli stessi film. Scusate se è poco.