Recensione “Sotto il cielo delle Hawaii” (“Aloha”, 2015)

Cameron Crowe se non ci fosse lo dovrebbero inventare. Un regista atipico, un critico musicale mancato, un autore di grande sensibilità e dolcezza, capace di saltare dal mondo dei procuratori sportivi (“Jerry Maguire”) ad una rockband in cerca di successo (“Quasi Famosi”), per poi avventurarsi nel remake di una meraviglia di difficile definizione (“Vanilla Sky”) fino al racconto di una delle band più influenti degli anni 90, nel bellissimo documentario dedicato ai Pearl Jam (“Twenty”). Con “Aloha” torna sugli schermi dopo quattro anni, tornando al genere a lui più congeniale, la commedia romantica, della quale è uno dei principali punti di riferimento. Nonostante le carenze narrative, “Aloha” racchiude gli elementi tipici del cinema di Crowe: calore umano, voglia di abbracciarsi, personaggi positivi e una gran bella colonna sonora (Who, Bob Dylan, Rolling Stones, Fleetwood Mac e molti altri).

Il contractor (ovvero una sorta di militare privato) Brian Gilcrest, dopo una missione fallita in Afghanistan, viene spedito alle Hawaii per intercedere con i nativi del luogo sui preparativi per il lancio di un satellite finanziato dal miliardario Carson Welch. Gilcrest si occupa della supervisione aiutato dalla bella Allison, capitano dell’Air Force, e ritrovando allo stesso tempo il suo vecchio amore Tracy, ormai sposata con figli. In realtà dietro il lancio del satellite si nascondono progetti molto più pericolosi, e Gilcrest dovrà combattere duramente contro i propri interessi per riconquistare il suo posto nel mondo.

Un cast notevole per un film ingiustamente maltrattato dalla critica “ufficiale”: Bradley Cooper è il protagonista rassicurante, Alec Baldwyn è perfetto nei panni del generale dell’esercito e Bill Murray invece è forse un po’ sprecato (ma ovviamente esilarante quando tira fuori la sua verve nella scena in cui balla con Emma Stone). D’altra parte Cameron Crowe ha la capacità di farci innamorare follemente di ogni protagonista femminile dei suoi film, e qui ce ne sono addirittura due: le farfalle nello stomaco volano confusamente in ogni momento in cui troviamo Emma Stone (mai così irresistibile) e Rachel McAdams. Si può accusare di molte cose, ma “Aloha” senza dubbio lascia trascorrere un centinaio di minuti con il sorriso sulle labbra, raccontando un volto delle Hawaii lontano dai soliti cliché dettati dal mare o dalle spiagge immense. Film ideale per una serata tranquilla e poco impegnata.

alohabus

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