Era dai tempi di “Mission to Mars” di Brian De Palma che il pianeta rosso non era protagonista di un film degno di questo nome. Per riportare in auge il nome di Marte ci voleva un altro grande regista, Ridley Scott, che dopo una serie di titoli non proprio eccellenti torna alla ribalta con una pellicola avvincente e intensa, ma al tempo stesso alleggerita dall’ironia di un ottimo protagonista, interpretato da Matt Damon, e da una colonna sonora accattivante che, tra le altre, ci accompagna con “Starman” dell’immancabile David Bowie e “Dancing Queen” degli ABBA.
In seguito ad una tempesta violentissima durante una missione su Marte, l’astronauta Mark Watney, creduto morto dal suo equipaggio, viene abbandonato sul pianeta rosso. Mark però è sopravvissuto alla tempesta, e al risveglio si ritrova da solo sul pianeta deserto. Grazie al suo ingegno, al suo istinto di sopravvivenza e alla sua razionalità, Mark dovrà trovare un modo per coltivare cibo e comunicare con la Terra, sua unica speranza di salvezza.
Un film di fantascienza che ha dalla sua la carta vincente dell’ironia: il film non avrebbe retto per tutti i suoi 140 minuti senza le continue battute del “marziano”, soprattutto perché si tratta di un’ironia che mai per un momento è apparsa fuori luogo con il contesto del film. La pellicola di Scott regge il ritmo in ogni ambiente, che sia Marte, la Terra o l’astronave Hermes con l’equipaggio della missione: il film convince in ogni momento e, a parte qualche esagerazione nel finale, possiamo senza dubbio alzare i pollici e approvare, come farebbe il Fonzie tanto amato da Mark Watney: “Ehyyy”!