Giovedì 20 Ottobre.
Oggi è stata la giornata dei film tratti da una storia vera. Anche la mia mattinata è ovviamente tratta da una storia vera ed ha come titolo quello di un capolavoro degli anni 40 che però non è tratto da una storia vera: Il grande sonno. Il problema è che io non sono Humphrey Bogart e anche dopo migliaia di caffé ho ancora un sonno enorme. In mattinata è stato presentato il nuovo lavoro di Stephen Frears, che per quanto mi riguarda aveva già raggiunto l’immortalità tanti anni fa per aver girato “Alta Fedeltà”, ma sembra che il mondo se ne sia accorto solo recentemente. “Florence Foster Jenkins” è la storia della omonima mecenate che ha finanziato e ampliato la scena musicale della New York degli anni 40. Malata da tempo, protetta da un marito devotissimo ma infedele, Florence si mette in testa di poter ancora cantare ad alti livelli. Le sue esibizioni come soprano sono comiche, ma in clima di guerra riusciranno a comunicare il giusto buonumore alla gente che le vuole bene. La storia di una passione, della peggiore cantante del mondo (interpretata da Meryl Streep, “il miglior essere recitante del mondo”, come disse una mia amica tanti anni fa), capace però di regalare, a sua insaputa, il sorriso di cui l’America aveva bisogno. Un film assurdo, ancora di più considerando la veridicità degli eventi narrati. Ad ogni modo, un ottimo inizio per questa giornata. Tutta questa gente che nel film osanna questa cantante ridicola solo per affetto mi ha fatto pensare a due anni fa quando Tomas Milian era in conferenza stampa qui al Festival e ha ripetuto per mezzora lo stesso aneddoto: gli volevano tutti troppo bene per dire qualcosa e alla fine gli applausi sono stati sinceri.
Alle 11 ho avuto un colpo di fulmine per “Genius” di Michael Grandage, al film d’esordio dopo decenni dedicati alla regia teatrale. Si tratta della storia dell’editore newyorchese Max Perkins, che negli anni 20 pubblicò i primi romanzi di Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway e soprattutto di Thomas Wolfe. Il rapporto tra Wolfe e il suo editor è il cuore del film, un rapporto di lavoro e d’amicizia che diventa la priorità su ogni altra cosa. La via del successo è irta di ostacoli, ma una volta giunti al traguardo non tutti sono in grado di gestirlo. C’è qualcosa di assolutamente commovente in questo film, una costante sensazione di malinconia, di tristezza soffusa, che si insinua tra le scartoffie sulla scrivania di Max Perkins, nei bar, nelle stazioni del treno. Il cast è spaventoso: Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Laura Linney, Guy Pearce. Per me una delle cose migliori viste al Festival.
Nel pomeriggio un’altra storia vera: “La fille de Brest” di Emmanuelle Bercot è una sorta di Erin Brockovich in salsa bretone. Testardo, impegnato, caparbio, è un film pienamente all’altezza delle sue ambizioni: la dottoressa Irene Frachon scopre che un farmaco contro il diabete potrebbe essere la causa del peggioramento, e in alcuni casi anche della morte, di alcuni pazienti. Nel momento in cui Irene cerca di portare avanti la causa, l’azienda farmaceutica che produce il medicinale fa a pezzi ogni attacco e umilia il piccolo team degli accusatori. Vogliono tutti lasciar perdere, sia per le pressioni subite sia per non mettere ulteriormente a repentaglio la propria carriera, ma non Irene Frachon che, da buona bretone, non molla l’osso e va fino in fondo alla faccenda. Ennesimo ottimo film di un ottimo Festival, strano che se ne sia parlato così poco.
Prima di andarmene sono riuscito a guardare il red carpet di Meryl Streep. Bello vedere tutta quella gente, tutti quei giovani e tutto questo affetto per un’attrice che appartiene forse a un’altra generazione, ma che sembra davvero di tutti. Regale, elegante, con una classe impareggiabile. Non ho assistito all’incontro del pomeriggio perché avevo già avuto la fortuna di esserci nel 2009, quando aveva ricevuto il Marco Aurelio alla carriera, ma sono certo che ne sarebbe valsa comunque la pena. Domani è il penultimo giorno di Festival e mi aspettano tre film che potrebbero essere davvero uno meglio dell’altro. Ora scusatemi ma devo vedere “Captain Fantastic”. No, non parlo di Viggo Mortensen, parlo di Francesco Totti titolare in Europa League. A domani.