Se le prime sei puntate di questa stagione potevano esser viste come gli episodi della nuova serie di David Lynch, l’episodio 7 può essere invece visto a tutti gli effetti come un episodio di Twin Peaks. Se i fan più nostalgici avevano bisogno di essere nutriti, stavolta hanno davvero di che abbuffarsi. Procediamo con ordine.
Questa settima, bellissima, sinfonia si apre con Jerry Horne strafatto in mezzo al bosco: telefona al fratello dicendogli che qualcuno gli ha rubato la macchina. Siamo a Twin Peaks dunque, poco dopo ci spostiamo nell’ufficio dello sceriffo: Hawk sta mostrando allo sceriffo Truman la sua recente scoperta. Il biglietto che si trovava nel bagno della centrale sono in realtà tre fogli: ebbene sì, le teorie che giravano nei giorni scorsi erano dunque esatte, si tratta infatti di tre delle quattro pagine mancanti del diario di Laura Palmer (!!!). Le annotazioni di Laura riguardano Annie, che le è apparsa in sogno per dirle che il buon Dale è nella Loggia è non riesce ad uscire (sogno di cui peraltro troviamo traccia in “Fuoco cammina con me”). Annie è ovviamente Annie Blackburn, la sorella di Norma, la fiamma di Dale Cooper nelle ultime puntate della seconda stagione di Twin Peaks, che fu portata da Windom Earle nella Loggia Nera per attirare Cooper e ucciderlo. Lo ricordate, no? Bene, il diario segreto di Laura era stato affidato ad Harold Smith, l’agorafobico appassionato di orchidee, morto suicida (?). In questo diario, ritrovato da Donna, mancavano delle pagine. Su una di queste pagine ritrovate, Laura aveva annotato: “Ora so che non è Bob. So di chi si tratta”. Ovviamente parliamo di Leland Palmer. Hawk intuisce che Leland, smascherato da sua figlia, abbia strappato le pagine compromettenti dal diario e le abbia nascoste nel bagno della centrale di polizia quando fu portato là per essere interrogato sull’omicidio di Renault (temendo di venir perquisito, Leland avrebbe nascosto le pagine proprio dentro i bagni della polizia). Ma se il buon Dale era nella Loggia e non poteva uscire, quello che ne uscì chi era? Noi ovviamente lo sappiamo, Hawk invece avrà bisogno ancora di qualche puntata, probabilmente.
Abbiamo un buco di venticinque anni da riempire, qualche tassello nuovo lo otteniamo da Doc Hayward, in diretta Skype con lo sceriffo: l’ultima volta che il dottore aveva visto Cooper, dopo il suo ritrovamento nei boschi, era in ospedale, nel reparto rianimazione. Là gli aveva visto ancora una strana espressione, a suo dire. Tra l’altro pare che Cooper si fosse recato là in rianimazione per “tenere d’occhio” Audrey Horne, finita in coma dopo l’esplosione della bomba alla banca. Ho una teoria, la butto là: Richard Horne è il figlio del Doppelganger di Cooper. Sappiamo che Bob non si faceva molti problemi ad infilarsi tra le lenzuola di donne incoscienti o addormentate, potrebbe dunque aver ingravidato lui, tramite Cooper, Audrey? Visto il carattere e il comportamento di Richard, la cosa non sarebbe poi così sorprendente.
Le vicende si spostano ora nell’obitorio di Buckhorn, in Sud Dakota. Scopriamo che il corpo senza testa appartiene ad un uomo di cinquant’anni, le cui impronte appartengono – sorpresa sorpresa – al Maggiore Briggs. Ma se il corpo appartiene ad un cinquantenne morto la settimana precedente, come potrebbe mai essere quello di Garland, che se fosse stato ancora vivo avrebbe circa settant’anni? Questa è la giusta osservazione di Winston dei Ghostbusters, direttore dell’aviazione militare, al telefono con la sua assistente. Nel frattempo, per non farci proprio mancare niente, nei corridoi dell’obitorio si aggira l’uomo nero che avevamo visto nella seconda puntata, lo spirito che era fuggito dalla cella accanto a quella del direttore della scuola, accusato proprio dell’omicidio del corpo senza testa. Uomo nero che poi fa pensare tantissimo a quello di “Mulholland Drive”, sempre di Lynch, ovviamente.
Un capitolo a parte riguarda Diane. La ex segretaria di Cooper sembra portare molto rancore nei confronti dell’FBI e, inizialmente, manda a quel paese sia Albert che Cole. Tra lei e Cooper qualcosa deve essere andata storta. Cole riesce però a convincerla ad incontrare Cooper in cella: Diane, in lacrime dopo l’incontro, dice a Cole che l’uomo che conosceva è cambiato. Non si tratta degli anni o dell’aspetto, si tratta della sua anima. I due tra l’altro accennano ad una notte, l’ultima in cui si sono visti, a proposito della quale Cole vorrebbe saperne di più (probabile pensare che il Cooper malvagio l’abbia violentata, o le abbia comunque fatto del male). “Noi due dobbiamo parlare”, afferma Diane, prima di lanciarsi, cicchetto in mano, in un brindisi glaciale: “Salute all’FBI”. Questa è senza dubbio una delle scene più emozionanti della puntata.
Torniamo a Twin Peaks: Andy sta indagando sull’omicidio del bambino investito da un camion nella puntata precedente. Il possessore del camion è spaventatissimo, dice che gli dirà tutto e dà appuntamento all’agente di polizia due ore dopo in un altro posto. Nel luogo dell’appuntamento Andy si ritroverà da solo con il tema di Laura Palmer che aleggia inquietante in sottofondo: al tizio sembra proprio che sia successo qualcosa. Le sorprese di questa puntata ricchissima non finiscono qua: mentre in South Dakota il Cooper malvagio sta organizzando la sua evasione, Dougie a Las Vegas riceve la visita di sua moglie e della polizia. Fuori dall’ufficio arriva il sicario nano per ucciderlo, ma Doug, improvvisamente e incredibilmente, lo disarma con due colpi alla gola, riuscendo perfino a bloccargli la mano sulla pistola, puntata verso il pavimento. La visione dell’Albero con il cervello gli ripete più volte “stringigli la mano!”. Scena da brividi. Tra l’altro le tv giungono sul luogo dell’attentato per intervistare gli astanti: è forse possibile che il Cooper buono finisca in televisione e che qualcuno a Twin Peaks lo possa vedere e riconoscere? Lo scopriremo tra sette giorni.
Torniamo ancora a Twin Peaks, luogo principale di questo episodio. Al Great Northern, Benjamin Horne riceve finalmente per posta la chiave della stanza appartenuta a Cooper 25 anni prima: la cosa non lo lascia di certo indifferente. Intanto la sua nuova assistente, Ashley Judd, sente uno strano brusio proveniente dalle pareti di legno: si tratta senza dubbio di Josie Packard, intrappolata nel legno dell’albergo dai tempi della seconda stagione. Tra Ashley Judd (Beverly) e Ben Horne sembra esserci una certa tensione sessuale, la prima tornerà comunque a casa dal marito malato. Al Roadhouse intanto un altro membro dei fratelli Renault (ma quanti erano?) parla al telefono di giovani donne e di soldi da pagare: nel locale continuano dunque gli strani traffici di una volta.
La puntata si chiude con la fuga del Cooper malvagio, che torna dunque in libertà, e con una breve scena al Double R, con un ragazzo che cerca disperatamente un certo Bing (il figlio di David Lynch, come risulta nei titoli di coda, membro di una delle band che avevano concluso una delle puntate precedenti al Roadhouse). Episodio splendido. Cosa aspettarci dal prossimo? Beh, il Cooper malvagio è in libertà, il Cooper buono sta recuperando il senno e Hawk ha scoperto tre delle quattro pagine mancanti del diario di Laura Palmer. Siamo quasi a metà stagione e la grande, meravigliosa impressione è che il meglio debba ancora arrivare. Nella speranza di non vedere più una scena di due minuti e mezzo con un tizio che passa la scopa per terra, la domanda che risuona nelle case di tutti noi è soltanto una: quanto manca a lunedì prossimo?
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