Prima di parlare di “Loving Vincent” è doveroso fare una premessa: l’intero film è stato dipinto a mano da un centinaio di artisti. Dipinto a mano. Fotogramma per fotogramma. Un progetto ambizioso e a dir poco geniale: come raccontare una storia incentrata su Vincent Van Gogh se non dipingendo tutto il film come se fosse un quadro del pittore olandese? Durante i primi minuti è davvero difficile seguire la storia, perché la bellezza visiva è così strabiliante da costringerci a cercare la mascella in giro per la sala, letteralmente saltata via davanti a cotanta esplosione di colori. Sì, la vista di quelle immagini lascia davvero a bocca aperta e sì, è davvero difficile non distrarsi dalla storia. Già, la storia: una volta che si comincia a seguirla non è affatto male: i registi Dorota Kobiela e Hugh Welchman sono stati intelligenti, evitando di realizzare una pomposa biografia di Van Gogh. Scampato il pericolo celebrativo ed il mero esercizio di stile, il film è una sorta di indagine post-mortem nei confronti del genio olandese. Si è davvero tolto la vita oppure è stato ucciso? E perché? Cosa lo tormentava?
Siamo in Francia, nel 1891, poco dopo la morte di Van Gogh. Un postino di Arles incarica suo figlio, il giovane Armand Roulin, di recapitare l’ultima lettera del pittore a suo fratello Theo, residente a Parigi. Nel tentativo di consegnare questa misteriosa missiva, Armand comincia una ricerca che lo condurrà a persone e luoghi fondamentali della vita di Van Gogh, portando alla luce i segreti del suo cervello e la strabiliante produzione artistica del pittore.
La domanda sorge spontanea: il film sarebbe stato ugualmente interessante senza la meraviglia visiva che ci offre? Probabilmente no, ma anche grazie alla forza delle immagini regala un’ora e mezza di eccellente intrattenimento. Se poi, come me, amate Van Gogh piuttosto intensamente (insieme a Hopper è il mio preferito, se proprio volete saperlo), allora l’esperienza sarà decisamente appagante. Ad ogni modo è qualcosa di mai visto prima e difficilmente riproponibile, quindi è una visione che vale decisamente la pena. Come disse Vincent Van Gogh: “Il modo migliore di amare la vita è amare molte cose” e questo film è decisamente un progetto da amare.