Una buona abitudine che ho preso negli ultimi mesi è quella di non guardare più trailer di film che già so che devo vedere, di film che sia per il nome del regista o per l’argomento trattato non hanno bisogno di presentazioni. In questo caso non avevo assolutamente idea di cosa trattasse la storia, a parte qualcosa a proposito di moda, ma il nome di Paul Thomas Anderson era più che sufficiente per trascinarmi davanti allo schermo senza farmi troppe domande. Tutto ciò per dire che ho affrontato la storia senza sapere cosa aspettarmi: una storia d’amore? un thriller? un dramma? Le premesse c’erano tutte, la prima mezzora è alquanto intrigante, ma se da un punto di vista tecnico Anderson conferma ampiamente di essere un regista grandioso (il film a livello visivo è davvero un immenso piacere), la storia non è riuscita del tutto ad agganciarmi, lasciandomi piuttosto perplesso soprattutto nel suo atto conclusivo.
Nella Londra del dopoguerra lo stilista Reynolds Woodcock è sulla cresta dell’onda: la sua vita e la sua carriera sembrano essere perfettamente pianificate, grazie anche al sostegno di sua sorella Cyril, austera e manipolatrice. Un giorno però nella vita dell’artista irrompe la caparbia Alma, una giovane donna capace di amarlo e al tempo stesso di domare il suo carattere burbero e insofferente.
Il punto cruciale del film credo che sia proprio nella svolta di sceneggiatura che incontriamo nell’ultimo atto (niente spoiler, non preoccupatevi): si tratta di un bivio enorme per lo spettatore. Chi accetta la soluzione proposta da Anderson si ritroverà ad amare profondamente questo film, chi storcerà il naso vedrà inevitabilmente calare il suo giudizio complessivo. A me è capitata la seconda possibilità, ma comprendo e invidio profondamente chi è riuscito a sposare la prima. Una nota di merito infine per l’ultima interpretazione di Daniel Day Lewis, che come sappiamo ha annunciato il suo addio alle scene. Come al solito, davanti a questo gigante, bisogna solo alzarsi in piedi ed applaudire: è soprattutto per lui che “Il Filo Nascosto” meriterebbe una capatina al cinema.
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