
Nello slang inglese la parola Fleabag indica una persona scorretta e probabilmente non c’è titolo migliore per questa bellissima serie tratta da una piece teatrale scritta dalla protagonista Phoebe Waller-Bridge. In due stagioni (12 puntate in totale) la protagonista, una donna di cui non conosciamo il nome, tenta di sopravvivere alla problematica frenesia della sua vita, tra rapporti complicati con la famiglia, la morte della sua migliore amica e una sfera sessuale e sentimentale piena di fragilità.
Caratteristica principale della serie, che pedina la sua protagonista in ogni scena e praticamente in ogni inquadratura, consiste nell’abbattimento della cosiddetta quarta parete, in un continuo “a parte” di natura teatrale in cui il personaggio principale interagisce costantemente con gli spettatori, dando vita ai suoi pensieri, ammiccando al pubblico, commentando ciò che accade e in tal modo riuscendo a creare una fortissima connessione (ed empatia) tra la protagonista e lo spettatore (un po’ come faceva John Cusack in “Alta Fedeltà”, ma in questo caso l’interazione è ancora più netta e costante).
Se i temi sono drammatici, il registro è però molto spesso leggero, ironico, talvolta davvero esilarante, merito anche di un cast strepitoso: ogni personaggio, anche il più insignificante, è perfetto nella sua parte (dal ragazzo dai denti sporgenti all’avvocato, dal cameo di Kristin Scott Thomas al cognato Brett Gelman, dalla matrigna Olivia Colman al padre Bill Paterson). I dolori della giovane protagonista fanno quindi ridere a denti stretti, fanno soffrire ma anche divertire, ci fanno pensare e a tratti innamorare di lei. Geniale la prima stagione, meno intrigante la seconda, seppur comunque molto ben scritta. Una delle sorprese seriali degli ultimi anni, da vedere (è su Prime Video).
