Capitolo 361: Anatomia di un Ottobre


Se il capitolo precedente di “Una Vita da Cinefilo” sembra lontanissimo è perché, in realtà, è effettivamente lontano. Ottobre, si sa, è un mese particolare: c’è la Festa del Cinema di Roma, che seguo praticamente da sempre, cosicché la gran parte dei pezzi che trovate qui sopra copre la rassegna capitolina, lasciando fuori la normale routine cinematografica rappresentata da questa rubrica (o format, come dicono ormai quelli bravi). Tuttavia, al di là dei quasi 20 film visti al festival, oltre a quello di Martin Scorsese di cui vi ho parlato a lungo nella recensione di Killers of the Flower Moon, ce ne sono stati altri 6 visti tra le mura di casa e di cui non ho ancora modo di parlarvi. Quale migliore occasione dunque per raccoglierli tutti in un nuovo capitolo ottobrino, prima che faccia buio?

Vivere (1952): Leggendo questo titolo c’è chi pensa a Vasco Rossi e chi ad Akira Kurosawa. Il maestro del cinema giapponese, dopo aver trasposto su schermo L’Idiota di Dostoevskij, continua la sua “fase russa” ispirandosi a una novella di Tolstoj (La Morte di Ivan Il’ic) per il suo nuovo film. Takashi Shimura (che due anni dopo diventerà il capo dei sette samurai nell’omonimo capolavoro dello stesso regista) è un anziano burocrate di Tokyo che, dopo aver scoperto di avere un tumore in fase terminale, decide di dare finalmente un senso alla sua vita e di godersi gli ultimi mesi che gli restano. Il film si divide in due grandi tronconi, il passato (gli ultimi mesi del protagonista) e il presente (il suo lascito), in cui Kurosawa non solo racconta, con grande sensibilità e tenerezza, la malinconia e il bisogno di trovare il proprio posto nel mondo prima che sia tardi, ma mostra anche una feroce critica alla burocrazia, alle politiche che soffocano la società. Un film amaro, sulla forza devastante dei rimpianti, ma che sa anche offrire un raggio di luce a chi è in grado di coglierlo. Stupendo.
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Il Giardino dei Finzi Contini (1970): Il romanzo di Giorgio Bassani è un capolavoro e solo un genio del cinema come Vittorio De Sica poteva riuscire a tradurre in immagini la complessità di un dramma sentimentale, incorniciato in una tragedia ben più ampia, quella della leggi razziali durante la Seconda Guerra Mondiale. La bellezza del film è nella capacità di concentrarsi sulla storia di un amore non corrisposto, quando invece è evidente che il mondo intorno ai protagonisti sta cadendo a pezzi. La Storia (quella con la S maiuscola), man mano che il film va avanti, si prende sempre più spazio nei confronti della storia (quella con la s minuscola), fino al magnifico finale che ti lascia là, a guardare i titoli di coda con la testa piena di pensieri. Orso d’Oro a Berlino e Premio Oscar come miglior film straniero. Lo trovate su Mubi.
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The Nun (2018): Avete presente quelle serate in cui non hai voglia di vedere nulla, in cui dici a te stesso “o non vedo niente o mi guardo la prima cazzata che trovo”? Sono sicuro di sì. Quella sera alla fine ho visto la prima cazzata che ho trovato e di solito questa voglia coincide con un film horror, uno di quei film in cui non devi accendere il cervello, guardi le immagini che scorrono e capisci di aver buttato un paio d’ore della tua vita. Ma il tempo che decidi consapevolmente di perdere non è mai perso ed è così che mi sono cimentato in questa storia con un prete e una novizia (il motivo per cui il prete-detective si trascina in Romania una futura suora per indagare sul suicidio di una religiosa non ha molto senso, ma andiamo avanti) che indagano in un convento in Transilvania. Il problema è che di notte in questo rudere c’è una sorta di Marilyn Manson con i denti da squalo che tenta di uccidere chiunque gli capiti a tiro, magari pensando a come sarebbe il titolo in una volgare versione romanesca: qualcosa tipo NUNcerompercaxxo. In ciò che si vede non c’è alcuna logica, come ad esempio il prete che intuisce la soluzione grazie a un libro trovato dentro una bara nel quale il mostro ha cercato di seppellirlo vivo (sic), ma è evidente che lo scemo sono io, che pretendo un minimo di logica. Quasi inguardabile, però le scenografie – almeno queste – sono davvero molto belle.
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Viaggio in Italia (1954): Dopo aver fatto la storia del cinema italiano negli anni 40 con i capolavori del neorealismo, Roberto Rossellini segna anche gli anni 50 con un film meraviglioso in cui mette in scena il disfacimento di una coppia, film aspramente attaccato dalla critica italiana, ma amatissimo dai giovani cinefili francesi dei Cahiers du Cinema i quali, anche influenzati dalla potenza visiva del film di Rossellini, di lì a poco sarebbero passati dietro la macchina da presa per dar vita alla celebre Nouvelle Vague. Una coppia di coniugi inglesi si reca in Italia, nei dintorni di Napoli, per la vendita di una villa ereditata dallo zio: il viaggio mette in evidenza la crisi coniugale, tra il romanticismo e il bisogno di riempirsi di arte e cultura di lei (Ingrid Bergman) e il cinismo di lui, arrogante festaiolo ed edonista, infastidito e annoiato dal luogo. Tra gelosie più o meno immotivate, spiccata eleganza e profonda malinconia, il film racconta l’amarezza di un divorzio, in un enorme omaggio a Napoli, alle sue bellezze artistiche e alla sua cultura popolare. Il finale, nel trascinante fiume della processione, è forse una delle scene più belle della storia del cinema italiano. Stupendo, lo potete recuperare su Mubi.
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Fuori Orario (1985): Se si considera che questo film è un titolo minore nella filmografia di Martin Scorsese, si può capire bene l’immensità e la grandezza del cinema del regista newyorkese. Curioso notare come la sera precedente abbia visto, in sottofondo, senza seguirlo particolarmente bene, I Guerrieri della Notte (film che conosco veramente a memoria e che rivedrei quasi ogni giorno): così come nel film di Walter Hill, anche nel film di Scorsese la vicenda si svolge interamente in una notte, anche qui il protagonista, in una zona di New York che non è la sua, passa la nottata cercando semplicemente di tornare a casa, nonostante sia ingiustamente braccato da situazioni di altro genere. Una similitudine che mi ha fatto sorridere e alla quale non avevo mai pensato. Inizialmente il film doveva essere diretto da Tim Burton, che poi lasciò a Scorsese la possibilità di realizzarlo: incredibile pensare che, a causa del flop al botteghino di Re per una Notte (flop!?), il regista fu costretto ad avvalersi di una produzione indipendente, affidata in parte al protagonista Griffin Dunne. Come trasformare un budget di soli 4 milioni di dollari in un premio per la Miglior Regia al Festival di Cannes e, soprattutto, un film strepitoso.
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Flora and Son (2023): Sarebbe ingiusto definire questo film il meno bello della filmografia di John Carney, ma il motivo è semplice: gli altri sono strepitosi, mentre questo è, semplicemente, molto carino. Flora è una giovane madre dublinese che tenta di sbarcare il lunario, con un problematico figlio adolescente sul groppone e un ex marito che non la rispetta più. Un giorno trova tra i rifiuti una chitarra, la rimette in sesto e scopre di poter esprimere quel che ha dentro attraverso la musica, ma soprattutto scopre che attraverso la musica può trovare una via di dialogo con un figlio rabbioso, già noto alle autorità per alcuni furtarelli. La prima parte del film, con la scoperta della “vera” musica da parte di Flora (la scena in cui si sofferma sul video di una performance live di Both Clouds Now di Joni Mitchell vale quasi tutto il film) e le prime lezioni online con Joseph Gordon-Levitt sono davvero una perla, dopodiché gli echi del cinema di Ken Loach diventano un po’ troppo ingombranti e, insieme ad un romanticismo di fondo un po’ forzato, il film perde la carica iniziale, pur restando sempre piacevole e godibilissimo. La protagonista Eve Hewson, ad ogni modo, è una forza della natura. Il film è disponibile su Apple Tv.
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Comments

3 risposte a “Capitolo 361: Anatomia di un Ottobre”

  1. Avatar Celia

    Capisco il perché delle due stellette a The nun (scenografie), ma anche no dai. Mezza stella è pure troppa…

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    1. Avatar AlessioT

      Ahah quanto hai ragione 🙂

      Piace a 1 persona

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