
Luglio se n’è andato, lasciandomi con la bellezza di 17 film visti, stessa cifra dello scorso anno. La differenza sostanziale però è che l’anno scorso, fino a tutto luglio compreso, avevo visto in totale 99 film, mentre quest’anno sto a quota 137, a soli 4 film di distanza dal record del 2020 (quando avevo già visto 141 film). Quello di luglio 2024 è dunque il secondo miglior parziale degli ultimi dieci anni: la medaglia d’oro non è lontana. Scusate per tutte queste statistiche, ma le Olimpiadi stanno influenzando il mio modo di leggere i numeri. Per contro, agosto è uno dei mesi in cui storicamente vedo meno film: vediamo se riuscirò a battere i 12 dello scorso anno, che è anche il record da battere. Se non ci riuscirò, poco male, significa che avrò mangiato qualche panzerotto in più.
L’Onda (2008): Bellissimo film tedesco di Dennis Gansel, ispirato ad una storia realmente accaduta in California negli anni 60 (dalla quale è stato tratto un libro tedesco divenuto poi un classico scolastico in Germania). Un anarchico professore di liceo, durante la settimana a tema indetta dalla sua scuola, deve spiegare alla sua classe cosa sia l’autocrazia. Gli alunni sono annoiati, convinti che in Germania non potrebbe mai formarsi una nuova dittatura. Il professore allora tenta un esperimento, per far capire ai suoi studenti quanto sia facile manipolare le masse: impone un modello di disciplina alla classe, sceglie una divisa, un saluto e crea cameratismo, unione d’intenti, creando una sorta di movimento denominato appunto L’Onda. Neanche a dirlo, entro la fine della settimana le cose degenereranno. L’avevo visto al cinema ai tempi e mi era piaciuto molto, rivederlo oggi non fa che confermare le impressioni della prima volta: grande film (lo trovate su Prime).
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Splendore nell’Erba (1961): Elia Kazan può anche essere un essere umano discutibile (è nota la sua collaborazione con il maccartismo, durante il quale denunciò diversi colleghi e collaboratori “rei” di aver preso parte a movimenti di sinistra, stroncandogli la carriera), ma artisticamente è davvero un autore straordinario. In questo film, tra gli ultimi della sua carriera, l’esordiente Warren Beatty, rampollo di una famiglia ricca, e la splendida Natalie Wood, figlia di una famiglia modesta, si frequentano e si amano. Le famiglie però la vedono diversamente: il padre di lui teme che si possa arrivare a un matrimonio riparatore con una ragazza di umili origini, la madre di lei invece ha paura che il fidanzato della figlia voglia solo approfittarsi di lei per poi abbandonarla. Ostacolati dalle famiglie i due giovani, seppur innamorati, finiscono per prendersi una pausa, che porterà a una serie di eventi imprevisti. Film meraviglioso, di cui non avevo mai sentito parlare, uno di quelli che ti restano dentro per giorni, al quale continui a pensare, a immaginare cosa sarebbe successo se, oltre a godere della bellezza delle sequenze. Stupendo.
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Quasi Famosi (2000): Non di tutti i film ricordo esattamente la data in cui li ho visti al cinema, ma quel venerdì 11 maggio 2001, con la Roma sempre più vicina allo scudetto, avrebbe segnato la mia tarda adolescenza più di quanto credessi. Nel pomeriggio ascoltai per la prima volta un cd di Bowie, perdendoci letteralmente la testa, poi la sera vidi questo film, fondamentale per la mia formazione: ispirazione necessaria per affrontare la fine del liceo, con Penny Lane che ha segnato per tutto il decennio successivo l’asticella delle mie aspettative sentimentali (ne ha fatti di danni, Kate Hudson). Il film di Cameron Crowe racconta la prima esperienza da critico musicale di un ragazzino di 16 anni, mandato in tour con una rock band emergente, di cui osserva comportamenti eccessivi, gelosie, adulteri e quant’altro, lasciandoci sbirciare dal buco della serratura ciò che accade fuori dal palco. Colonna sonora di imbarazzante bellezza, personaggi stupendi (la mamma del protagonista è Frances McDormand, la sorella è Zooey Deschanel), un road movie leggero, a tratti tenero, che ti fa sognare di avere 16 anni e fare le esperienze che fa il giovane William. Stupendo.
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Touki Bouki (1973): Credo che sia il primo film senegalese che abbia visto in vita mia. Una storia di libertà, nonostante le circostanze. Si apre con il crudo realismo di un mattatoio, con carni squarciate e sangue zampillante, per poi passare ad un road movie più classico: un ragazzo e una ragazza sognano di scappare dalla triste realtà del loro villaggio per raggiungere l’agognata Parigi (evocata in maniera quasi ossessiva dalla canzone di sottofondo di Josephine Baker). I due, in sella a una motocicletta dove è stato installato sul manubrio il teschio di uno zebù (cult totale), fuggono per il Paese, vivendo di sotterfugi, di furti, tutto allo scopo di realizzare il loro sogno, un po’ come le canaglie di un film della Nouvelle Vague (Pierrot le Fou è un riferimento inevitabile). Ricco di metafore e simbolismi, il film di Djibril Diop Mambéty unisce il sogno (o l’illusione) dell’immigrazione e il bisogno di sperimentare un linguaggio cinematografico diverso dai canoni tipici del cinema africano. Non è un film facilissimo, ma alcune immagini restano in testa: è veramente bellissimo (ed è stato scelto come film preferito per il progetto Film People, che vi invito sempre a seguire).
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L’Intendente Sansho (1954): Quando ho cominciato a trovare questo film di Kenji Mizoguchi in tantissime liste con i migliori film della storia, mi sono abbastanza incuriosito. Aggiungendo poi che amo il cinema giapponese del secolo scorso, doveva essere senza dubbio un film nelle mie corde. La cosa che mi ha sorpreso di più è stata scoprire che il Sansho del titolo, che pensavo essere l’eroe della storia, è in realtà l’antagonista, con addirittura uno spazio decisamente ridotto rispetto ai protagonisti. Nel Giappone feudale un governatore viene destituito perché accusato di essere troppo umano con il popolo e mandato quindi in esilio. I suoi due figli, un bambino e una bambina, vengono rapiti e venduti come schiavi presso lo spietato intendente Sansho, che li costringe a crescere in condizioni di violenza e disumanità totale. I due fratelli restano però uniti, con la speranza, un giorno, di poter ritrovare i loro genitori. Lirico, tecnicamente ineccepibile, il film di Mizoguchi è ispirato a un’antica leggenda medievale, arrivata a noi in numerose versioni. Ci sono talmente tante scene magnifiche che è difficile citarne solo una, vi lascio dunque agli insegnamenti del padre governatore, destituito ed esiliato: Zushio, sarai un uomo testardo come me? Ricorda: senza pietà l’uomo non è che una bestia. Sii esigente con te stesso ma misericordioso con gli altri. Gli uomini sono stati creati uguali. Tutti hanno diritto alla felicità. Filmone.
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Il Signore degli Anelli – Le Due Torri (2002): Unico punto di contatto tra il sottoscritto e il cinema estivo, la trilogia di Peter Jackson continua a strabiliare anche a distanza di 22 anni (è veramente passato così tanto tempo??). Questa parte centrale della storia è probabilmente la mia preferita, con Aragorn, Legolas e Gimli che rubano la scena a tutto il resto, grazie anche alla straordinaria sequenza della battaglia al Fosso di Helm. Tre ore di grandissimo cinema, ci sono così tante splendide sottotrame che è incredibile pensare che siano tutte nello stesso film: il ritorno di Gandalf, gli Ent, i Rohirrim di Eomer, Gollum, Faramir, il cancello nero di Mordor, l’esercito di Saruman, Theoden posseduto da Saruman e manipolato da Vermilinguo, Eowyn, Arwen e molto altro. Rivedere tutto questo su grande schermo è stata davvero una goduria. Ora aspettiamo la settimana dal 22 al 28 agosto: non è solo la settimana in cui tornerò a Roma, ma anche quella in cui uscirà Il Ritorno del Re.
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