
Secondo episodio della rubrica Cinque Film. Dopo la prima parte dedicata al tema del viaggio, oggi parliamo della stagione più amata o odiata dell’anno: l’estate. Flaubert diceva che Un’estate è sempre eccezionale, calda o fredda, secca o umida che sia. Qualunque sia, l’estate è arrivata già da un po’, con il suo carico di aspettative e di avventure, di emozioni da cercare tra le strade delle città deserte, nelle campagne assolate, sulla sabbia lucente in riva al mare.
Il cinema ha raccontato questa stagione, senza dubbio la più “cinematografica” che ci sia, nei modi più disparati, in ogni angolo del mondo, tra serial killer e vacanze al mare. Per l’occasione ho scelto Cinque Film “estivi” per celebrare l’inizio della stagione. Che sia anche per noi un’estate eccezionale, come quella raccontata da Flaubert (e arrivate in fondo all’articolo, ci sono due bonus!).
Summer of Sam (1999): Estate del 1977. Una delle più torride e afose che gli abitanti di New York possano ricordare. I nervi dei newyorkesi, già sfiancati dal caldo asfissiante, sono messi a dura prova da un serial killer che uccide a caso con una calibro 44. Ispirato alla storia vera del cosiddetto “Figlio di Sam”, David Berkowitz, Spike Lee gira un thriller sociologico dove è la mafia a dare la caccia all’assassino, prendendo di mira il più diverso e strambo del quartiere, un punk che ha i connotati di Adrien Brody (lo sceneggiatore, Michael Imperioli, meglio noto come Christopher Moltisanti ne I Soprano, afferma di essersi ispirato a ciò che ha passato in quel periodo un suo amico punk). Un gran film, che gronda di sudore e tensione, in una delle estati più calde della storia del cinema.
Alcarras (2022): Orso d’Oro alla Berlinale 2022, l’opera seconda di Carla Simón è un film autentico, vivace, a tratti documentaristico. La regista catalana racconta la storia della famiglia Solé, che da decenni vive agricoltura, grazie al raccolto di campi che le è stato concesso di coltivare in segno di gratitudine sin dai tempi della guerra civile. Quei campi però appartengono ad un’altra famiglia, che non è interessata a mantenere la promessa fatta dai suoi padri e che ora vuole sradicare i peschi dei Solé per installare sul terreno pannelli solari. Alla fine dell’estate, dopo l’ultimo raccolto, la famiglia dovrà dunque lasciare quella terra alla quale ha dedicato ogni goccia di sudore da oltre tre generazioni. Ci sarà quindi da affrontare la tempesta, ma il futuro, con il peso dell’incertezza, mina l’unità di questo gruppo di persone, in cui ogni componente sembra occupato a cercare il suo posto all’interno della crisi. In un periodo di cinema letteralmente invasi da effetti speciali digitali e supereroi in pigiama, film come Alcarràs sono piacevoli come il ricordo di un’estate intensa che sembra finita troppo presto.
The Myth of American Sleepover (2010): Torniamo negli Stati Uniti, nell’ultima estate prima di cominciare il liceo. Anzi, nell’ultima sera d’estate prima dell’inizio della nuova scuola. David Robert Mitchell fa il suo esordio nel lungometraggio con un indie d’autore che sfata il mito del teen movie e dell’edonismo adolescenziale sfrenato e demenziale. I suoi adolescenti sono malinconici, più profondi di quanto ci si possa aspettare: ragazzi e ragazze, rigorosamente separati, sono riuniti a casa di alcuni di loro per un ultimo pigiama party. Per questo in città ci sono diverse festicciole, dove i ragazzi stanno insieme a guardare qualche film (o a spizzare una sorella maggiore particolarmente annoiata) e le ragazze si riuniscono invece per chiacchierare e condividere confidenze. I più grandi invece, quelli che al liceo già ci vanno, si muovono in sottofondo tra feste più movimentate, ambite da alcuni dei più giovani come luoghi dove poter finalmente fare tutto quello che in estate ancora non è stato fatto. Disarmante nel realismo della sua rappresentazione, David Robert Mitchell ci fa capire che è possibile fare un film sugli adolescenti con un impronta d’autore, senza dover per forza mostrare divertimento sfrenato o ragazzi e ragazze in cerca di guai. Parafrasando Gaber, i personaggi di questo film non si sentono adolescenti ma, per fortuna o purtroppo, lo sono: quanta nostalgia per quando quelle estati erano le nostre!
Il Buio Oltre la Siepe (1962): Alabama, estate del 1932. Gregory Peck è un avvocato, padre vedovo di due ragazzini irrefrenabili, Scout e Jem, nonché avvocato difensore di un giovane afroamericano ingiustamente accusato di violenza carnale. Mulligan si ispira al meraviglioso romanzo di Harper Lee per raccontarci una storia sul valore della giustizia, sul pregiudizio, attraverso gli occhi dei bambini, impegnati a vivere l’estate tra i giochi, le storie spaventose sul misterioso vicino di casa Boo Radley, gli insegnamenti di uno dei migliori padri mai visti su pellicola. Capolavoro senza tempo.
Mektoub, My Love (2016): 2 ore e 54 minuti che volano in un soffio, come un’estate carica di desiderio. Un’estate che vola via tra gli sguardi dei suoi personaggi, sui sapori dei pasti che consumano, sulle note assordanti delle musiche che ballano. Abdellatif Kechiche, dopo il meraviglioso La Vita di Adele, si conferma ancora una volta un maestro puro che attraverso il suo cinema riesce ad immergerci profondamente nei pensieri dei personaggi: l’utilizzo costante della camera a mano, uno dei marchi di fabbrica del regista, ci trasporta tra i vicoli di Sète (paesino del sud della Francia in cui si svolge la storia) e abbiamo quasi l’impressione di sentire sulla nostra pelle la canicola estiva, gli odori della campagna o il mormorio rinfrescante del mare. Illuminato dalla luce magica dell’estate mediterranea, il film di Kechiche indaga le varie forme del desiderio e quelle ancor più misteriose dell’attrazione, facendoci innamorare dei suoi personaggi, della loro libertà e della loro vitalità, rendendo nostalgica anche un’estate che non abbiamo mai vissuto.
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BONUS
Una bella canzone sull’estate: Amongst the Waves, Pearl Jam.
La band di Seattle usa il mare e il surf come metafore potenti della vita, della rinascita e dell’accettazione. Se dapprima la canzone dice I used to be crustacean, in an underwater nation, nel ritornello esplode la consapevolezza, un sentirsi vivi e in armonia con tutto ciò che c’è intorno: I’m amongst the waves, I am part of the ocean. Insomma, la canzone ci invita ad accettare i cicli, le altezze e le cadute, esattamente come fanno le onde: d’estate dunque non si fugge più, si vive tutto.
Un bel libro sull’estate: Il Grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald.
Uno dei libri più belli che abbia mai letto: il jazz, l’afa, le feste. L’estate dorata del sogno americano, destinata a finire male, in un classico senza stagione, dove l’estate sembra essere un personaggio vero e proprio. Il caldo infatti è opprimente, ma l’estate, almeno all’inizio, contiene una promessa, tutto è ancora possibile.
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