
Cronache dall’Auditorium (Lunedì 20 Ottobre)
Il titolo del diario di oggi è sibillino, lo so, quindi vi rivelo subito di che si tratta. La L è l’iniziale dei due grandi protagonisti di oggi, ovvero Richard Linklater e Jennifer Lawrence. Detto ciò, non perdiamoci in fronzoli, perché è appena passata la mezzanotte e devo raccontarvi tutta la giornata. Spoiler: è stata molto lunga (e molto bella). Già, questa è stata la tipica giornata piena che segna l’intera Festa, uno di quei giorni per cui vale la pena ogni ora di sonno persa e ogni metro percorso. Una nuova settimana è cominciata, ma è come il giorno della marmotta vissuto da Bill Murray: tutto uguale, ovvero sveglia, doccia, colazione, prenotazione film, auto, voce di Eddie Vedder, parcheggio, sala. Il film che apre la mattinata è Die My Love di Lynne Ramsay (già regista del bellissimo Ratcatcher e del notevole A Beautiful Day), con Jennifer Lawrence e Robert Pattinson. La trama è semplice: una coppia si trasferisce in una casa di campagna e ha un bambino, la donna però cadrà in depressione. Il discorso sulla crisi post-partum è interessante e importante da affrontare, ma vedere la protagonista camminare a quattro zampe, abbaiare, urlare, sfasciare tutto e fare esattamente ciò che vuole per due ore è un po’ troppo. La sensazione è che la regista abbia dato un po’ troppa libertà ai due attori, che si prendono la scena e si godono la performance, risultando forzati, a tratti posticci (soprattutto Pattinson). Insomma, ben presto ci si stufa di seguire i personaggi, li detesti e, senza quasi accorgertene, stai già pensando a cosa mangiare a pranzo o come organizzare il resto della giornata. Semplicemente, molli il film, di cui però va segnalata una gran colonna sonora country e rock (su tutte spicca Kooks di Bowie).
Alle 11 mi sposto in Teatro Studio per il nuovo film di Jim Sheridan, Re-Creation, ennesimo remake del capolavoro La Parola ai Giurati, solo che in questo caso si giudica un omicidio realmente avvenuto in Irlanda, per il quale però non c’è stato alcun processo. Il film tenta di immaginare cosa sarebbe successo se una giuria si fosse riunita per giudicare il principale indiziato. Va detto che il film di Lumet come lo giri lo giri, è sempre bello e coinvolgente. Anche questo, di conseguenza, non sarebbe male se non decidesse poi di inciampare su un finale davvero brutto, che stona con tutto il resto. Vicky Krieps è sempre molto brava, per il resto non è un film di cui ci ricorderemo tra una settimana.
Evito di accennare all’ottimo tramezzino ingurgitato a pranzo e facciamo direttamente un salto alle ore 14, quando in conferenza stampa arriva Richard Linklater, una delle mie grandi ispirazioni. Il regista texano parla di Nouvelle Vague (il suo ultimo film), di cinema indipendente, di progetti futuri, accennando anche a un possibile quarto capitolo della trilogia dei Before: “Con Ethan e Julie siamo sempre in contatto e se mai dovesse uscir fuori una buona storia se ne potrebbe parlare: è tutta una questione di trovare una storia bella, quindi chi lo sa. In questo momento non c’è nulla, in futuro potrebbe anche capitare però”. Alla fine della conferenza mi avvicino a Linklater per fare la tipica domanda che rivolgo a chi incontro (lo scorso anno la feci a moltissimi attori e attrici, tra cui Gael Garcia Bernal e Noemie Merlant): “Qual è il tuo film preferito di sempre?”. “Non è facile rispondere”, replica il regista, “in questo momento ti direi Fanny e Alexander di Bergman”. Dovrei aver fatto anche un video di questo momento, ma ancora non ho verificato se si vede qualcosa, quindi non so dirvi se di questo scambio esiste una prova o se dovrò ricordarlo in qualche cassetto della memoria.
Alle 15 Richard Linklater torna per la masterclass con il pubblico, nella quale parla dei suoi film e di cosa significa fare cinema per lui: “Quando faccio un nuovo film penso sempre che sia l’ultimo, ci metto tutto me stesso. Al tempo stesso ci lavoro come se fosse il mio primo film però, con quell’entusiasmo”. L’incontro si sofferma soprattutto su Slacker, Boyhood e Waking Life. Sentir parlare un regista così pieno di amore e passione è sempre stupendo, ma l’impressione è che le masterclass durino troppo poco rispetto al tempo che vorresti passare là ad ascoltare chi parla.
Uscito dalla Sinopoli il tempismo è perfetto: c’è un’auto che arriva verso il red carpet e da lì scende Jennifer Lawrence, splendida, sorridente, piena di amore per i suoi fan. Passa praticamente il red carpet a fermarsi davanti a ogni persona per firmare un autografo o fare un selfie, ne approfitto per scattarle alcune foto, ça va sans dire. Più tardi sul red carpet invece vedo Linklater (ancora tu!) e, visto che la ressa è decisamente inferiore, decido di scattarmi una foto con lui. Alle 19 entro in sala per il suo film, che attendo da mesi, ovvero Nouvelle Vague. Prima della proiezione c’è Marco Bellocchio che consegna al regista un premio alla carriera: “Se mi avessero detto che avrei ricevuto un premio alla carriera da Marco Bellocio a Roma non ci avrei creduto!”, commenta Richard, che chiama Bellocio il nostro Bellocchio, ma va bene così. Poi finalmente si abbassano le luci: è tempo di cinema! Il film racconta la lavorazione di Fino all’Ultimo Respiro di Godard e la bravura di Linklater è di catapultarti sul set di Godard, rendendoci parte di qualcosa di unico nel suo genere. C’è una scena che ho amato in particolare: il finale de I 400 Colpi si riflette sugli occhiali da sole di Godard, in un frame che fa già parte del mio immaginario del cuore per quanto riguarda il 2025 (e non solo).
Il film è bellissimo e a fine proiezione l’applauso per Linklater è sincero, genuino, lunghissimo. Sono quasi le 21.30 e finalmente posso tornare a casa. Domani avrei dovuto saltare la Festa in quanto impegnato sul set di Mel Gibson a Cinecittà, ma le condizioni climatiche avverse (domani piove) hanno spostato le riprese e quindi decido di prendermi un giorno di pausa tout court, anche perché, dopo un giorno così pieno di bellezza, domani non è previsto davvero nessun film imperdibile, né ospiti internazionali di livello.
Mi piacerebbe aggiungere colore, aneddoti e storie a questi diari, ma mi rendo conto che la stanchezza prende spesso il sopravvento e che è già tanto se riesco a scrivere qualche commento ai film senza metterci dentro troppe stupidaggini (ma non è escluso che ci siano!). A ogni modo si è fatta una certa, come si dice a Roma, e sono costretto a congedarmi. Dopo 13 ore fuori casa, ho bisogno di un letto. Goodnight, ci ritroveremo nei prossimi giorni.
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