“La prima storia d’amore dopo 41 film”: è così che Pupi Avati annuncia l’uscita della sua ultima pellicola, già dal titolo pregna del tema tanto caro al regista emiliano, l’eterno ritorno del passato, il ricordo di quella giovinezza che percorre la filmografia di Avati come gocce di memoria, richiami autobiografici alle proprie radici. In questo caso il regista non è interessato a raccontare la nostalgia del passato, come ad esempio ne “Gli Amici del Bar Margherita”, ma tratteggia una vera e propria regressione all’infanzia da parte di un uomo adulto, causata dall’ombra sempre più opprimente della malattia.
Lino e Chicca sono una bellissima coppia, il loro matrimonio è felice e funziona da venticinque anni, nonostante la mancanza di prole che però non ha mai compromesso l’amore tra i due. Anche al lavoro la vita della coppia è piena di soddisfazioni: Lino è una delle firme più prestigiose della redazione sportiva di un noto quotidiano, Chicca è professoressa universitaria. Giorno dopo giorno la memoria di Lino comincia a disgregarsi, la sua percezione della realtà muta lentamente, il disturbo diventa malattia, e la vita di Chicca, che non intende prendere le distanze dal marito, è costretta a cambiare per sempre.
Un amore coniugale perfetto che lentamente si trasforma in amore materno: Lino, da marito affettuoso, con il passare dei giorni si trasforma in un bambino, quel figlio che Chicca non ha mai avuto, fino ad una conclusione sulla quale il regista probabilmente calca eccessivamente la mano. Fabrizio Bentivoglio e Francesca Neri, invecchiati per l’occasione, regalano emozioni vere ai loro personaggi, trasmettendo con i loro sguardi e la mimica quell’universo di sfumature che il vissuto di Lino e Chicca inevitabilmente richiedeva, ed è anche merito loro se il film funziona. L’infanzia di Lino dunque torna prepotentemente nel quotidiano della coppia, e la ricerca di quei giorni lontani diventa uno dei momenti chiave dell’ultima parte del film: la giovinezza, come da titolo, sconfina nell’età matura di un uomo, e laddove la malattia colpisce, l’amore cura (o perlomeno ci prova).
pubblicato su MP News