Recensione “Leila” (2010)

L’indignazione e il trattamento riservato ai cosiddetti Sans-Papiers, ennesima dimostrazione del pessimo governo di Sarkozy, fanno da sottofondo ad un musical metropolitano che racconta la favola di un amore complicato tra un ricco ragazzo parigino e una studentessa arabo francese. Non è una Parigi da cartolina la città mostrata da Audrey Estrougo, è invece una città invisibile, dove su ogni strada da percorrere c’è un ostacolo, su ogni sogno un impedimento.

Il ricco Gab inv este con la sua decappotabile il fratellino di Leila, e folgorato dal fascino della ragazza araba si offre di accompagnare i due all’ospedale. Tra una canzone e l’altra, ecco il corteggiamento, le stelle, l’amore, ma come d’abitudine, sul più bello arrivano i problemi: Gab tra due settimane si deve sposare, mentre la migliore amica di Leila viene arrestata dalla polizia per essere rispedita in Senegal insieme alla sua bambina. Tra l’altro, il padre di Gab è il prefetto della polizia che si occupa dell’immigrazione…

Le atmosfere da musical e la fiaba lasciano presto spazio all’indignazione e alla denuncia, non si tratterà di un grande film (come ad esempio “Welcome”, splendida accusa al governo Sarkozy, ammirata lo scorso anno in sala), ma comunque è una pellicola che fa bene alle coscienze, grazie anche all’uso di immagini d’archivio che mostrano il trattamento disumano da parte dei “flics”, gli agenti di polizia francesi. Il film uscirà nelle sale francesi il prossimo febbraio, e siamo chiari: cinematograficamente non è un’opera di altissimo livello, ma è comunque un film che ha bisogno di sostegno e incoraggiamento. E dunque, in bocca al lupo.

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