Recensione “La versione di Barney” (“Barney’s version”, 2010)

La storia della vita di una persona dipende da chi la racconta: su questo concetto si basava il best seller di Mordecai Richler, che dalla sua pubblicazione nel 1997 è diventato alla svelta un caso letterario. Una sorta di autobiografia di un settantenne ebreo politicamente scorretto, che attraverso il nome di Barney Panofsky ha portato l’autore a rispolverare i ricordi di un’intera vita, per dare la sua versione dei fatti. Ed è della versione di Barney, come da titolo, che stiamo parlando: volto paffuto, grugno grintoso e simpatia unica, oltre al suo talento, sono ciò che porta in dote Paul Giamatti, che prende il film sulle sue spalle regalando al protagonista l’immortalità dei grandi personaggi.

Barney Panofsky è un produttore televisivo di successo, la cui vita è scandita dai tre matrimoni che ha affrontato: da giovane Barney soggiorna a Roma dove l’aria della capitale lo porta al primo matrimonio con l’artista Clara. Tornato in Canada, dove ha vissuto per tutta la vita, incontra grazie a suo padre, un poliziotto sboccato ma genuino (Dustin Hoffman) una ricca ebrea, e la sposa. Ma proprio durante il suo matrimonio conosce la donna che sconvolgerà tutti i piani, la splendida Miriam, e capisce che è con lei che vuole passare il resto della vita.

Richard J. Lewis ha la colpa di dilatare eccessivamente gli eventi, portando una commedia sofisticata oltre i 130 minuti, appesantendo un film che poteva essere un vero gioiello (in particolare visto il riferimento letterario di provenienza): da parte sua però ha il merito, grazie anche alla verve dello strepitoso Giamatti, di rendere straordinaria una vita apparentemente ordinaria, di mostrare con dolcezza i tentativi un po’ goffi e disperati di un uomo innamorato (i momenti tra Barney e Miriam valgono il film), di emozionare con una malattia appena accennata, ma comunque presente. E, tra una dedica e un sospiro, di accompagnare il film con le splendide note di Miles Davis, Leonard Cohen, Ella Fitzgerald, Dusty Springfield. Non importa a che versione di cinema siete più affezionati, quella di Barney è una di quelle che, nonostante tanti difetti, si fanno amare, proprio come il suo protagonista.

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