Dopo il bellissimo “Indigènes” (“Days of Glory”, 2006), premiato a Cannes per l’interpretazione collettiva dei suoi protagonisti, Rachid Bouchareb riunisce i suoi tre gioielli, gli attori Jamel Debbouze, Roschdy Zem e Sami Bouajila, per riproporli in una sorta di seguito ideale del film precedente, puntando ancora una volta l’attenzione sulla causa algerina. Ma se in “Indigènes” l’interesse del regista era puntato sulla discriminazione dei soldati algerini arruolati nell’esercito francese durante la Seconda Guerra Mondiale, in “Hors-la loi” (tradotto da noi in “Uomini senza legge”) Bouchareb racconta in stile epico la lotta per l’indipendenza dell’Algeria, attraverso il punto di vista di tre fratelli molto diversi l’uno dall’altro, ma uniti da un legame che va oltre il senso di appartenenza alla loro patria.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale gli occupanti francesi esercitavano il loro diritto di appropriarsi delle terre in Algeria, cacciando via intere famiglie e costringendole alla povertà. È così che dopo aver perso la casa tre fratelli si dividono, cercando ognuno di seguire la propria strada: Abdelkader diventa uno dei leader del Fronte di Liberazione Nazionale per l’indipendenza dell’Algeria, Messaoud si unisce all’esercito francese impegnato in Indocina, Said va a Parigi per tentare fortuna come impresario di boxe. Il tempo ed una causa per cui lottare porteranno i tre fratelli nuovamente sulla stessa strada, per riconsegnare la libertà ad un Paese oppresso e insanguinato.
Il periodo di decolonizzazione attraverso il punto di vista di tre fratelli: Abdelkader, capo idealista e intellettuale, Said, integrato e ambizioso, Messaoud, duro e fragile ago della bilancia tra i due. Il regista Rachid Bouchareb mostra il massacro di Setif del maggio 1945 (dove l’esercito francese soffocò nel sangue una manifestazione pacifica) e altri avvenimenti di sangue legati alla decolonizzazione, che ancora oggi sono un argomento delicato in Francia, inserendo personaggi di fantasia all’interno di avvenimenti assolutamente reali, e avvolgendo ogni sequenza con un alone epico che non può non far pensare a “Il Padrino” (così come il personaggio di Abdelkader, una sorta di Denzel Washington algerino, sembra figlio del Michael Corleone di Al Pacino). E pensando alle recenti rivolte dei paesi nordafricani il film conquista un ulteriore spunto di interesse, confermandoci ancora una volta che cambiano i decenni e forse anche le persone, ma non la storia e il sangue sulle strade.
pubblicato su SupergaCinema