Dopo questo film non capiamo se Von Trier è un genio oppure un pazzo. Probabilmente entrambe le cose. “Melancholia” è angoscia, è disagio, è violenza psicologica, è potenza pura. Non è cinema, è qualcosa in più, o forse qualcosa di diverso. Von Trier, lasciando da parte le polemiche innescate a Cannes, dove tra l’altro la strepitosa interpretazione di Kirsten Dunst le ha garantito la Palma come migliore attrice, realizza un film totalmente oscuro, negativo, che si potrebbe definire la risposta dark a “The Tree of Life”.
Come nel meraviglioso incipit del precedente “Antichrist”, anche qui l’apertura è affidata al rallenty, dove scene apocalittiche (parto dell’immaginazione di Justine?) sembrano introdurci il tema del film, sulle note di “Tristano e Isotta“ di Richard Wagner. Quindi una limousine, una coppia di sposi, e il primo dei due capitoli del film, dedicato a Justine (Kirsten Dunst), la sposa depressa, e il fallimentare ricevimento matrimoniale organizzato da sua sorella Claire (Charlotte Gainsbourg). La contrapposizione tra le due sorelle risulta ancor più evidente nel capitolo successivo, dedicato alla famiglia di Claire, donna felicemente sposata con il brillante John (Kiefer Sutherland), con in più un figlioletto adorabile. Justine viene a vivere con loro per affrontare la sua depressione e il suo male di vivere, mentre intanto il pianeta Melancholia, un corpo celeste grande dieci volte la Terra, si sta avvicinando pericolosamente al nostro pianeta e, nonostante le rassicurazioni del marito di Claire, potrebbe colpire la Terra.
«La gente è malvagia, la Terra merita di essere distrutta, nessuno ne sentirà la mancanza», dice serenamente Justine a Claire, e in qualche modo è il pensiero di Von Trier che sembra perpetrare dalla voce della sua protagonista. Un film nichilista, che afferma con convinzione «siamo soli nell’universo», e che ci abbandona sui titoli di coda con brividi freddi sulla schiena, oltre ad un senso di disagio ed inadeguatezza che lascia totalmente impotenti di fronte allo schermo. Se già in “Antichrist” Von Trier aveva volutamente messo a disagio lo spettatore, provocando e disgustando, stavolta il regista danese annichilisce chi guarda, ci stringe violentemente alla gola lasciandoci inermi, senza respiro. Sconvolgente, al di sopra di ogni etichetta e definizione.
dove l'hai visto? proiezione per la stampa?
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c'è la settimana di Cannes a Roma, in alcuni cinema romani dal 10 al 16 giugno proiettano una selezione dei film presentati il mese scorso al Festival
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Lessio ma è solo un caso che LVT ha usato lo stesso font dei titoli di Antichrist? :)))
GGM
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