Venerdì 14 Ottobre.
Secondo giorno di Festival, da che mondo è mondo sempre il più tranquillo: ogni anno il povero secondo giorno ha questa funzione atroce da cuscinetto tra l’apertura del giovedì e l’esplosione cinematografica del weekend, in una sorta di ruolo da capro espiatorio di malausseniana memoria. Ma si può parlare di giorno moscio quando in realtà c’è stato il ritorno di Oliver Stone, il film postumo del maestro Andrzej Wajda e uno dei più acclamati film dello scorso Sundance Festival? Effettivamente no, ma il programma della Festa è così intenso da far sembrare la giornata di oggi come una giornata tranquilla…
Cominciamo dalle voci di corridoio, per poi andare più a fondo con quello che, per molti, è stato il film del giorno. Innanzitutto Wajda: il suo “Afterimage”, film che rappresenterà la Polonia nella corsa agli Oscar, sembra aver convinto un po’ tutti, anche se il grosso dei responsi arriverà questa sera, dopo la presentazione al pubblico. Ad ogni modo si parla di un grande testamento artistico: “è così che se ne vanno i grandi”, dice qualcuno. Lo riuscirò a recuperare? Forse in sala, difficile durante questo Festival. Ad ogni modo, sarà un film da vedere. Passiamo ad un altro grande regista, Oliver Stone, che negli ultimi anni stava cominciando a deludere ma che oggi ha mostrato a tutti di essersi ripreso alla grande. Siccome la proiezione stampa era alle 8.30 di questa mattina, un orario che secondo me è buono solo per le galline, recupererò “Snowden” soltanto lunedi prossimo. Da quanto ho raccolto in mattinata al mio arrivo, si tratta di un film che ha tenuto svegli tutti e già questo direi che è un dato interessante: se fai vedere un film di due ore e mezza alle 8.30 del mattino e nessuno si addormenta, vuol dire che il regista ha sicuramente qualche merito. A Stone andrà di certo il Premio Caffeina. Dal canto suo Oliver Stone in conferenza stampa invita tutti a fare attenzione ai cellulari: “Viviamo in un’epoca di banche dati, siamo tutti schedati”. Questo come dicevo lo recupero lunedì, quindi ve ne parlerò molto di più (e molto meglio) la settimana prossima.
Bene, parliamo ora di “Manchester by the sea”, un film che ho addirittura visto e di cui dunque posso parlarvi direttamente, senza voci, chiacchiere, tweet e mezze parole ascoltate di sfuggita in fila per il bagno. Il film di Kenneth Lonergan è stato una delle rivelazioni del Sundance, oltre ad essere uno dei più attesi qui al Festival. Non a torto: parliamo di una pellicola sì lunghissima (136 minuti), ma decisamente valida. Un elaborazione del lutto totalmente credibile, convincente, che sa dosare perfettamente il registro comico e quello drammatico. La durata magari è un po’ eccessiva, qualcosa si poteva evidentemente tagliare, ma il film non cede mai il passo alla stanchezza, la messa in scena è così reale da riuscire a portare l’atmosfera invernale del Massachusetts in Sala Petrassi (qualcuno si è coperto con un giacchetto, tipo piumone da lunedì sera davanti alla tv). Casey Affleck continua ad essere uno degli attori più sottovalutati della sua generazione. Il rapporto tra lo zio dalla vita distrutta e il nipote minorenne senza genitori è una di quelle cose che vanno oltre lo schermo per attaccarsi allo spettatore anche mentre prende la via per uscire dalla sala. C’è un momento, dopo circa venti-trenta minuti, in cui la storia prende un’altra direzione e cominci a pensare: “Cavolo, mi piace davvero dove mi sta portando adesso, voglio saperne di più”. Il finale avrebbe potuto molto facilmente rovinare un po’ tutto ciò che era stato costruito nelle due ore precedenti, invece è totalmente convincente: niente di telefonato, niente di scontato, semplicemente così come è, perché così deve essere. Per ora il miglior film visto (ma ne ho visti soltanto quattro, quindi vince piuttosto facilmente). Comunque continuo ad essere convinto che i film girati in Massachusetts siano sempre bellissimi, poi un giorno cercherò di capire anche il perché.
Detto ciò ho incontrato anche Matt Dillon, in giro per le vie dell’Auditorium. Mi dicono che è il Presidente di Alice nella Città, quindi avremo occasione di incontrarlo più spesso. Se avete messaggi per lui, fatevi avanti. A domani.