Capitolo 259

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Marzo è un mese pericoloso per un cinefilo. Arrivano le prime giornate calde, le ore di luce aumentano e la sera è quasi piacevole uscire a bere una cosa con gli amici. La vita sociale risorge dalle tenebre invernali e bussa alla porta con insistenza, mentre film e serie tv ti guardano con gli occhi gonfi di lacrime di chi non vuol essere abbandonato. Soluzione momentanea: uscire a bere prima di cena e dedicare la serata al Cinema. Tuttavia la primavera si avvicina, altre battaglie tra vita reale e vita da cinefilo sono in procinto di esplodere. Ne sapremo di più nel prossimo capitolo…

A Star is Born (2018): Febbraio è da sempre il mese dei grandi recuperi in vista degli Oscar. L’esordio di Bradley Cooper è buono ma non eccezionale, tuttavia la prima parte del film è davvero molto bella (anche se succede tutto un po’ troppo di fretta), mentre la seconda parte peggiora sensibilmente. Si potrebbe quasi dire che il film va di pari passo con la sua musica: finché le canzoni sono belle il film regge. La scena di “Shallow” però è davvero splendida.

Café Society (2016): Ma quanto ci manca Woody Allen? La produzione artistica di un individuo dovrebbe sempre essere separata dal giudizio che si ha dello stesso (che poi Woody è stato pure scagionato da ogni accusa). Che fare allora? Non si può far altro che rivedere uno dei suoi migliori film degli ultimi 10 o 15 anni, una malinconica storia d’amore all’interno di una pellicola brillante e molto divertente.

Tutto può cambiare (2018): Film meraviglioso, di quelli che mettono il sorriso e ti fanno passare un paio d’ore senza pensieri. John Carney non sbaglia mai un colpo. L’unica che potrebbe battere la cotta che ho per Keira Knightley in “Love Actually” è proprio Keira Knightley in “Begin Again”. Splendido.

Black Panther (2018): “Dovevo” vederlo per il semplice fatto che fosse candidato come Miglior Film agli Oscar (incredibile ma vero). C’è una scena che mi è piaciuta particolarmente: quando finisce. Incredibile pensare che si tratti dello stesso regista di quel capolavoro di “Fruitvale Station”.

21 Years: Richard Linklater (2014): Ennesimo (il realtà il secondo) documentario su Linklater, qui raccontato dalle testimonianze dei “suoi” attori. Non è ispirante come il doc “Richard Linklater: Dream is Destiny”, ma ti fa comunque venire voglia di scendere in strada e di girare un film. Interessante, soprattutto per i fan del regista texano.

Seven (1995): Un capolavoro è quel film che rivedi 10 volte e ogni volta ti vengono i brividoni durante le stesse scene. Uno dei migliori thriller della storia del cinema, non accetto obiezioni. “Hemingway una volta ha scritto: il mondo è un bel posto e vale la pena di lottare per esso. Condivido la seconda parte”.

Parigi è nostra (2019): Tentativo, a tratti riuscito, di realizzare un mumblecore con lo stile visivo e narrativo di Terrence Malick. Il mix è audace e la messa in scena affascinante: gli attori si muovono tra la folla parigina, rubando scene alla vita reale (nonostante alcuni inevitabili sguardi in macchina da parte degli ignari passanti). Narrativamente è ok ma non eccezionale, quest’idea però di girare per strada di nascosto mi fa semplicemente impazzire.

SERIE TV: Tutto fermo da questo punto di vista. Ho guardato la prima mezzora di Umbrella Academy e mi sono addormentato, forse proverò a riprenderla. Il pilota di Russian Dolls mi ha intrigato ma non troppo, toccherà alla seconda puntata dirmi se vale la pena andare avanti. Questa settimana comincerò sicuramente Il Nome della Rosa, perché è un libro (e un film) che amo molto e sono curioso. Per il resto devo continuare con Mozart in the Jungle (sono fermo a metà della seconda stagione) e a tempo perso andrò avanti con Seinfeld, che è sempre un piacere. Ma quanto manca a Game of Thrones?

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