
Oggi è il 20 gennaio, giorno in cui il Presidente eletto degli Stati Uniti si insedia alla Casa Bianca. Facciamo un piccolo passo indietro però: lo scorso settembre, quando “West Wing” è approdata su Prime Video, mi son trovato davanti a decine di tweet in cui si esaltava questa vecchia serie creata dal (futuro) premio Oscar Aaron Sorkin, ma di cui non avevo mai sentito parlare. Ad ogni modo, attirato dall’argomento, decisi di cominciarla, seppur spaventato dalla lunghezza degli episodi e delle stagioni. Torniamo dunque al 20 gennaio, l’Inauguration Day: non è un caso che a questa data sia legato anche l’ultimo episodio della serie. Non poteva dunque esserci giorno più adatto di quello del giuramento di Joe Biden per finire questa lunga camminata insieme ad una delle serie più belle che abbia mai visto: 156 episodi divisi in sette splendide stagioni, molti dei quali sono ambientati all’interno dell’Ala Ovest della Casa Bianca (da qui il titolo), ovvero il braccio in cui si trova il celebre Studio Ovale e dove lavora lo staff del Presidente degli Stati Uniti.
Sarà difficile giudicare le future decisioni di Joe Biden senza pensare a Jed Bartlet (con cui, curiosamente, condivide le iniziali), il POTUS di questa serie, Presidente democratico ideale di uno show che affronta temi di qualunque genere, dall’istruzione alla sanità, dal terrorismo al nucleare, dalle primarie alle campagne presidenziali, passando per processi, emergenze, attentati, malattie e moltissimo altro. Il tutto attraverso le vicende, personali e professionali, di uno staff di professionisti esemplari, come il capo del personale Leo McGarry e il suo vice Josh Lyman, la portavoce C.J. Cregg, i responsabili delle comunicazioni Toby Ziegler e Sam Seaborn, oltre ad una pressoché infinita lista di assistenti, segretarie, avvocati, politici, giornalisti, militari, ambasciatori e molti altri ancora. Basterebbe citare i 26 Emmy Awards ottenuti per descrivere l’enorme successo di pubblico e critica ricevuto da una serie che ha sempre fatto della credibilità e della verosimiglianza uno dei suoi marchi di fabbrica: sono infatti moltissimi i riferimenti della serie alle reali vicende politiche statunitensi, sia in materia di politica interna che estera. In tutto ciò, nonostante l’amministrazione Bartelt, democratica, sia il punto di vista prevalente su ogni argomento, la serie non appare mai manichea e anzi, riesce a rendere interessanti e talvolta piacevoli anche i molti personaggi repubblicani, su tutti l’assistente legale Ainsley Haynes o il meraviglioso Arnie Vinick interpretato da Alan Alda nelle ultime due stagioni (al netto di ciò che ne pensa l’ala più conservativa del Partito Repubblicano, che ha rinominato la serie “The Left Wing”). A proposito di Alan Alda, va sottolineata la presenza di una serie di attori e attrici straordinari, dal Bartelt magnificamente interpretato da Martin Sheen al futuro premio Oscar Allison Janney, a cui vanno aggiunte moltissime guest star come il già citato Alan Alda, Glenn Close, John Goodman, Felicity Huffman, Christopher Lloyd, Christian Slater, J. K. Simmons, Amy Adams, Laura Dern, Evan Rachel Wood, Jon Bon Jovi e i Foo Fighters, solo per citarne alcuni.
La penna di Sorkin (presente solo nelle prime quattro stagioni) arricchisce la storia di dialoghi taglienti, colti, spesso ironici che, associati ai piani sequenza pressoché continui all’interno dei corridoi dell’Ala Ovest (il cosiddetto “walk and talk”, celebre cifra stilistica della serie), conferiscono a “West Wing” un dinamismo eccezionale: nei 40 minuti di cui si compone ogni episodio non c’è mai spazio per i tempi morti. Vedere all’opera un gruppo di professionisti al lavoro è sempre ammirabile e bellissimo, ancor di più quando queste professionalità si muovono con una passione e un amore per la politica talmente puro e folgorante da farti venire voglia di lavorare con loro, anche solo per un giorno, soltanto per portargli il caffè. Ma ad appassionare e a commuovere è soprattutto l’idea di che cosa meravigliosa sarebbe la politica se non fosse detestabile come lo è ormai in molte parti del mondo (soprattutto come è tristemente diventata in Italia). Sarebbe bellissimo poter vedere ancora questo show nel mondo attuale, tra i social network e l’incubo Trump, tra il sovranismo che incombe o l’emergenza Covid, ma quando la realtà supera la fantasia allora forse è meglio lasciar tutto al suo posto e il posto che compete “West Wing”, senza ombra di dubbio, è sullo scaffale delle più grandi serie tv che siano mai state realizzate.

Sai che non ho visto nemmeno una puntata di West Wing? Ma da come ne parli invece sembra molto bello. E che cast! Potrebbe essere l’occasione per vedere Dule Hill in un ruolo serio dopo che l’ho seguito per tanti anni in Psych.
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Si parla per il 90% di politica, se l’argomento ti appassiona è assolutamente imperdibile 🙂
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