Recensione “We are young. We are strong” (“Wir sind jung. Wir sind stark”, 2014)

Antonio Gramsci diceva: “Il vecchio mondo muore e il nuovo non può ancora nascere: oggi è il tempo dei mostri”. In questa frase si può racchiudere il senso del secondo film di Burhan Qurbani, regista tedesco di origini afgane, ambientato in quella Germania che nel 1992 era ancora un Paese giovane, incontrollabile, unito da neanche tre anni e ancora lontano dal benessere economico di cui gode attualmente. “We are young, we are strong” racconta la celebre “Notte del Fuoco” avvenuta nella città di Rostock nell’estate del 1992. In quel drammatico 24 agosto un assembramento di tremila persone tra rivoltosi, manifestanti e neonazisti ha circondato la cosiddetta Casa dei Girasoli, un centro d’accoglienza per 150 rifugiati vietnamiti, mettendolo a ferro e a fuoco fino alle luci dell’alba. Il film racconta questa giornata dal punto di vista di tre protagonisti: la vietnamita Lien, che lavora e soggiorna legalmente in Germania ma che dovrà lottare fino al mattino per la sua sopravvivenza, il giovane Stefan, lentamente trascinato dal branco in una notte di eccessi e di follia, il padre di Stefan, un uomo politico intrappolato dal dilemma: far finta di niente sulla rivolta e mantenere in questo modo salda la propria posizione oppure lasciarsi coinvolgere dai suoi ideali e cercare di impedire il peggio?

Il meraviglioso bianco e nero della fotografia, lo stile impeccabile della regia (numerosi e notevoli i piani-sequenza) e l’astio di cui si nutrono molti dei personaggi della pellicola fanno pensare subito ad una sorta di versione tedesca de “L’odio” di Kassovitz, ma nel film di Qurbani risulta più drammatico non solo perché racconta eventi realmente accaduti, ma soprattutto perché ci lascia sui titoli di coda con un finale molto pessimista. Gli anni passeranno, ma la strada verso la civiltà e la tolleranza è ancora lunga.

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