
Ultimo capitolo estivo, di un’estate in realtà già finita da un pezzo. La nostalgia per la pre-adolescenza sembra impadronirsi sempre più delle mie scelte cinematografiche, visto che la gran parte dei film di questo capitolo sono dei classici della mia infanzia. Ma va segnalato anche il primo film in sala di questa nuova stagione 2021/2022, la Festa del Cinema che si avvicina e la Roma a punteggio pieno (ah no, questo è un altro discorso).
Atto di Forza (1990): Nel 1987 Paul Verhoeven aveva appena trovato la sua prima pepita d’oro con il grande successo ottenuto al botteghino da “RoboCop”. Sulla scia di quella fortuna ha così deciso di insistere con un altro film a metà tra fantascienza, azione e poliziesco/spionaggio ritrovandosi buttato dentro al progetto dal divo Arnold Schwarzenegger (che ottenne controllo totale sulla scelta del regista e del cast), lanciando una sconosciuta attrice dalla bellezza mozzafiato, Sharon Stone, che lo stesso regista renderà immortale qualche anno dopo con il celebre “Basic Instinct”. La storia adatta un racconto breve di Philip Dick, che ha visto la bellezza di quasi 50 sceneggiature prima di trovare la chiave giusta: il protagonista ha dei sogni ricorrenti che riguardano il pianeta Marte. Un giorno decide di recarsi da un’agenzia di viaggi particolare per farsi impiantare nella testa una vacanza “mentale” sul pianeta rosso, tuttavia i ricordi della sua vita passata lentamente riaffiorano e Schwarzy ricorda di essere un agente segreto in incognito. Il film ancora oggi è visivamente splendido, violento ma non crudo, ironico ma non banale. Alla fine è stato bello rivederlo oggi a distanza di trent’anni e ritrovare quel tipo di spettacolo proprio di quella generazione di film.
La Storia Fantastica (1987): Dopo il clamoroso successo di “Stand By Me” nel 1986, Rob Reiner prosegue la sua carriera nel cinema per ragazzi tentando, con successo, la via del fantasy: “La Storia Fantastica” diventerà ben presto l’ennesimo cult movie di un decennio che da questo punto di vista non avrebbe mai più avuto degni successori (almeno fino ad ora). La storia narra le vicende di due innamorati costretti alla separazione e il cui amore è messo alla prova da un matrimonio combinato tra la bella Robin Wright e un principe malvagio. Inevitabile il lieto fine, nonostante ciò il film si avvale di un’avventura senza pari, di tanta ironia e soprattutto di personaggi di contorno indimenticabili, dal wrestler André the Giant nei panni di un gigante buono al mitico spadaccino Inigo Montoya, per tutto il film alla ricerca dell’uomo che tanti anni prima assassinò suo padre. Cult assoluto.
La morte ti fa bella (1992): Realizzato tra la fine della trilogia di “Ritorno al Futuro” e il futuro cult movie “Forrest Gump”, “La morte ti fa bella” va inserita senza dubbio tra le opere minori di un grande regista come Robert Zemeckis (che comunque gli valse un Oscar per gli effetti speciali). Tuttavia il film, una dark comedy grottesca e surreale, gode di alcune punte di pura genialità e di un cast decisamente notevole: Meryl Streep ruba alla sua migliore amica Goldie Hawn il promesso sposo di lei (Bruce Willis) per poi sposarselo. Goldie medita vendetta per decenni, finché non si ripresenta dalla coppia in splendida forma, ringiovanita dalla cura della strega Isabella Rossellini, dalla quale si rivolgerà anche Meryl Streep per ottenere il filtro che rende giovani e immortali. Tra uxoricidi e omicidi, il triangolo amoroso alla lunga diventa un po’ stucchevole, anche se supportato da grandi prove attoriali.
Sostiene Pereira (1995): Tratto dal celebre romanzo di Antonio Tabucchi, il film di Roberto Faenza è un’occasione persa, nonostante si tratti di una storia talmente accattivante che anche se pieno di imperfezioni il film riesce comunque a far presa. Nella Lisbona del 1938, sotto il regime di Salazar, l’anziano giornalista Pereira (Marcello Mastroianni, al suo ultimo film italiano), ignavo, vigliacco e senza nessuna posizione politica, incontra un giovane sovversivo che gli cambierà la vita. Mastroianni ovviamente è magistrale, ma a parte lui e forse Daniel Auteuil, questo il film proprio non coinvolge quanto dovrebbe (e con tutto quel potenziale è un delitto che non sia finito in mani migliori). La colpa è anche di Stefano Dionisi e Nicoletta Braschi, che secondo me non si possono guardare. Come dicevo prima però la storia è talmente bella che comunque il film te lo guardi con interesse, però cavolo, come diceva De André: “sono loro i migliori che abbiamo?”.
I senza nome (1970): Ma che filmone! Jean-Pierre Melville, tre anni dopo lo spettacolare “Frank Costello Faccia d’Angelo”, realizza forse il miglior polar (poliziesco-noir) della sua carriera. Alain Delon e Gian Maria Volonté sono due compari che progettano una rapina in una storia di solitudini che si incontrano, di amicizia e rispetto, sotto l’occhio ineluttabile del destino. Parigi di notte fa il resto. La cosa curiosa è che in tutto il film, se non mi sbaglio, non c’è una sola battuta recitata da una donna, scelta bizzarra, decisamente misogina, ma piuttosto coerente con la storia di complicità maschile raccontata nel film. La scena della rapina dura 20 minuti ed è interamente muta, se non per una sola battuta posta esattamente a metà della sequenza: questo da solo varrebbe tutto il film, ma anche le altre scene sono di una bellezza disarmante. Da recuperare.
Howard e il destino del mondo (1986): E torniamo così ai tanto amati anni 80. Willard Huyck, storico collaboratore di George Lucas (per cui ha scritto due cose a caso come un certo “American Graffiti” e un altrettanto certo “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”), qui si mette dietro la macchina da presa per l’ultima volta della sua carriera (quarta regia e senza dubbio la più celebre), in una produzione firmata ad ogni modo dal solito Lucas. La storia è piuttosto bizzarra ma lineare: durante un esperimento alcuni scienziati risucchiano sulla Terra un papero antropomorfo, Howard, che vive in un pianeta sviluppatosi in maniera praticamente identica a quella terrestre se non per il fatto che i suoi abitanti si sono evoluti dalle papere e non dalle scimmie. Howard fa amicizia con Lea Thompson (le cui scene in biancheria intima ai tempi mi avevano quasi bloccato la crescita) e si ritrova, suo malgrado, a dover salvare il pianeta dall’arrivo di una creatura mostruosa trasportata sulla Terra a causa del fallito tentativo di riportare Howard a casa sua. Un’avventura invecchiata non proprio benissimo, ma che è sempre piacevole guardare per tuffarsi nel passato.
Dune (2021): Il primo grande blockbuster di stagione è già sulla bocca di molti per il modo in cui ha disatteso le aspettative. Si parla di un’opera imponente, dagli effetti speciali strabilianti (e se proprio dovete vederlo, fatelo assolutamente al cinema!). Villeneuve però cade già nell’errore già commesso con “Blade Runner 2049”: realizza un film enorme ma freddo di emozioni, in cui non riesci ad affezionarti a praticamente nessun personaggio, lasciando lo spettatore strabiliato per la bellezza delle immagini ma in fin dei conti vuoto a livello emotivo. Per approfondire il discorso vi rimando però alla recensione del film.
SERIE TV: Per il momento ho abbandonato Nine Perfect Strangers perché lo stavo trovando coinvolgente quanto un incontro di Serie C tra Fidelis Andria e Virtus Francavilla. Magari in seguito, quando saranno disponibili tutte le puntate su Prime Video, troverò il tempo di scoprire come si conclude la vicenda, che però, ripeto, è talmente piatta che farebbe brillare gli occhi dei terrapiattisti. In compenso ho cominciato Ted Lasso, attualmente giunta alla seconda stagione, che narra la storia di un allenatore di una squadra di college di football americano che viene inaspettatamente ingaggiato da una squadra di calcio della Premier League inglese con lo scopo di farla fallire. Ted è uno yes man, un ottimista nato e, nonostante non conosca neanche le regole del calcio, riuscirà a far breccia nei cuori dei suoi calciatori e del suo staff, seppur con risultati calcistici alterni. La serie funziona, non è per appassionati di calcio visto che affronta temi di vario genere e, anzi, il calcio è solo un pretesto per raccontare le vicende di questi personaggi. Diverte il giusto, fa compagnia e l’atmosfera british è un valore aggiunto. Mancano quattro puntate alla fine della seconda stagione e non va sottovalutato come la serie riesca a crescere episodio dopo episodio. Davvero molto carina e sono molto curioso di vedere dove andrà a parare (è stata già confermata per una terza stagione).

Hai citato due grandi cult per me, La morte ti fa bella e la storia fantastica: imprescindibili! Invece Howard the Duck mi ha piuttosto spiazzata ma non positivamente… diciamo che non fa per me, ecco. E poi ieri l’Inter ha anche perso (immeritatamente) col Real… significa che vedo più partite che film… periodo in discesa.
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Ahah ti capisco perfettamente
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