
Sembra ieri: avevo 12 anni e correvo ogni settimana tra un’edicola e una bancarella dell’usato per comprare quei volumetti tascabili, dalla costina colorata (o bianca, nel caso delle ristampe), per poi buttarmi sul letto della mia stanza a leggere avidamente dell’ennesimo colpo di Diabolik, il “Re del Terrore”, le cui avventure mi catturavano e coinvolgevano a tal punto da perdermi totalmente nelle sue storie. Sognavo da decenni una trasposizione cinematografica più vicina a quei fumetti che tanto amavo, ben diversa da quella proposta da Mario Bava nel suo discreto “Diabolik” del 1968. Quel ragazzino di circa trent’anni fa ora è cresciuto e stamattina, dalla sua amata ultima fila, è stato nuovamente catapultato a Clerville per seguire, ancora una volta, le avventure del più grande criminale della storia dei fumetti, in un film che riesce in tutto e per tutto a rendere vive quelle pagine, umani quei personaggi, reali quei mirabolanti inseguimenti.
Le vicende si ispirano liberamente a quelle del terzo albo della serie a fumetti, “L’arresto di Diabolik”, dove viene introdotto il personaggio di Eva Kant, l’inseparabile compagna e complice del rapinatore. Nel film lady Kant è un’ereditiera di ritorno dal Sudafrica: il suo diamante rosa entra inevitabilmente nelle mire del criminale Diabolik, che sta terrorizzando la città di Clerville. Sulle tracce del ladro c’è però l’integerrimo ispettore Ginko, nemesi dell’uomo mascherato, ogni giorno sempre più vicino ad acciuffarlo o così, almeno, sembra. Tra diamanti, banche, trabocchetti, Jaguar nere, iniezioni di Pentothal, pugnali, maschere, rifugi e quant’altro, il fumetto creato dalle sorelle Giussani nel 1962 prende vita in un film che rende pienamente giustizia alla bellezza della serie cartacea.
Il difetto più grande, che però è anche il suo grande pregio, è quello di essere fedelissimo in tutto e per tutto alle atmosfere del fumetto: i personaggi sono sempre misurati, mai sopra le righe, seriosi fino al midollo. Questo se da un lato restituisce perfettamente le personalità bidimensionali degli eroi a fumetti, dall’altro potrebbe creare un distacco un po’ troppo marcato con gli spettatori che hanno poca confidenza con le avventure originali e che, magari, si sarebbero aspettati un tocco in più di ironia, qualche interpretazione un po’ meno di sottrazione e forse anche un po’ meno impostata. Tuttavia i personaggi sono quelli da quasi sessant’anni e stravolgere quello che sono da sempre per mere finalità commerciali sarebbe stato davvero un peccato, è anche vero però che disporre di Luca Marinelli e Valerio Mastandrea senza dar un minimo sfogo alla loro verve è forse uno spreco, ma chi scrive non dovrebbe mai giudicare un film in base a come lo vorrebbe, ma solo in base a ciò che è e da questo punto di vista “Diabolik” dei Manetti Bros funziona in tutto: è coinvolgente, sei certo che il ladro se la caverà in ogni occasione ma non riesci a smettere di stare in agitazione per lui, ti preoccupi, fai il tifo per 120 minuti e inevitabilmente provi un piccolo brivido nel vedere su grande schermo tutto ciò che hai amato nei centinaia di albi a fumetti che avevi da ragazzino. Al di là di questo, alcune scene sono meravigliose: le prove per imitare la voce del prossimo personaggio da impersonare, la splendida scenografia dei rifugi, molto più credibile di qualunque bat-caverna ipertecnologica e poi la chimica tra il Diabolik di Marinelli e la impeccabile Eva Kant di Miriam Leone, che sembra essere nata per questo ruolo.
“Do ascolto al cuore e mi fido o do ascolto alla ragione e ti uccido”, dice il Re del Terrore dopo aver incontrato Eva. Ragione e sentimento. Istinto e raziocinio. Questo è Diabolik e anche molto più. Tra poco sarà al cinema ed è un’occasione splendida per sentirsi di nuovo ragazzini.

Anche io adoro il Diabolik di Bava, ed è interessante che i Manetti abbiano fatto un film che parte dal fumetto più che da quel film, credo sia una scelta giusta. Sono curioso di vederlo!
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Un film che ha convinto pure il sottoscritto, che da piccolo leggeva i fumetti, ma non è mai stato un assiduo lettore degli stessi.
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