Capitolo 396: Let’s Rock

Non condividere più lo stesso mondo in cui vive David Lynch ha sicuramente peggiorato la percezione che avevo di ogni cosa, al tempo stesso però il suo lascito ha amplificato la mia attenzione, come se le porte della percezione aspettassero una spinta decisiva per spalancarsi ulteriormente. Ed è così che cominci a vedere fari di automobile che sfrecciano sulla strada buia in una notte senza luna. Un tendone rosso. Alberi di sicomoro che sanguinano linfa. Statue greche in fondo ai corridoi. Uomini che parlano al contrario. Una buona tazza di caffè. Ciambelle. Let’s rock.

Mikey e Nicky (1976): Tra i film preferiti di Emma Stone (come avrete letto qui), c’è questo indie girato da Elaine May, in cui gli amici di vecchia data John Cassavetes e Peter Falk (il primo convinto che il boss a cui ha fatto uno sgarro abbia mandato qualcuno in giro per ucciderlo, il secondo che cerca di rassicurarlo) trascorrono la notte insieme per le strade della città, discutendo di varie questioni, seguendo il disperato flusso di coscienza del protagonista. La regista sembra aver ben appreso il cinema dello stesso Cassavetes sulla bellezza del realismo, dell’improvvisazione ed è davvero bello immergersi nelle immagini notturne della città. Gli attori sono eccezionali, c’è disperazione, tragedia, ma forse resta tutto un po’ troppo in superficie. Si intravede il potenziale per un film meraviglioso che, forse anche a causa dei tanti litigi tra May e la produzione, non è riuscito fino in fondo.
•••

Codice d’Onore (1992): Rob Reiner, dopo aver riscosso successo con il cinema per ragazzi di Stand By Me, l’avventura fantasy de La Storia Fantastica, la commedia romantica di Harry ti Presento Sally e due anni dopo il magnifico thriller Misery, cambia ancora genere per dedicarsi stavolta al cinema giudiziario, o legal drama, come preferite. Prende in prestito un testo teatrale di Aaron Sorkin e realizza un ottimo lavoro più o meno prevedibile, perfetto nella sua linearità, nel presentare un beat esattamente dove deve essere, il climax al punto giusto, i turning point dove devono essere e così via. In questo caso però la bellezza non è nella destinazione, ma nel viaggio, al quale vanno aggiunti i tipici dialoghi di Sorkin, che infarciscono la vicenda di scambi memorabili e citazioni passate alla storia (su tutte la memorabile “You can’t handle the truth!”, urlata nel finale da Jack Nicholson ed entrata in diverse liste di citazioni memorabili). Al centro della storia un processo contro due marines, rei di aver ucciso un commilitone. Caso pronto per essere chiuso alla svelta, non fosse che a difendere i soldati ci sono Tom Cruise e Demi Moore, non sono proprio d’accordo con le affrettate conclusioni dei piani alti. Come dicevo, non avviene quasi nulla di sorprendente, ma mi sono proprio divertito. Bello.
•••½

Il Mio Vicino Totoro (1988): Quando, in un freddo mese di gennaio, vieni colto da febbre e tosse, il bisogno di rifugiarti in qualcosa di caldo e avvolgente è spontaneo, naturale. Probabilmente è per questo che, durante uno sporco lunedì pomeriggio, ho spinto play su questo iconico film di Hayao Miyazaki, che avevo visto soltanto una volta, nel 2009, al cinema. Due sorelline si trasferiscono con il padre in una bella casa di campagna, per stare vicini all’ospedale dove è ricoverata la madre. Qui stringeranno conoscenza con il custode del bosco, una creatura enorme e pacioccosa, chiamata Totoro, che aiuterà le bambine durante il loro percorso. Sicuramente questo film rientra in quella ristretta cerchia di opere di Miyazaki adatte più ai piccoli (come ad esempio anche Ponyo sulla Scogliera) che a un pubblico più maturo (come La Città Incantata o la gran parte dei suoi successi più clamorosi), ma anche con gli occhi di un ultraquarantenne resta un film di rara tenerezza, con punte di straordinario cinema (l’iconica scena alla fermata dell’autobus, sotto la pioggia). Sarebbe bello vivere in un film di Miyakazi, almeno per un po’.
•••½

Il Padrino (1972): Avevo già rivisto il capolavoro di Francis Ford Coppola circa un anno fa, subito dopo aver visto la serie tv The Offer (basata sui ricordi del produttore Al Ruddy, protagonista dello show). L’altra sera però, sprofondato nei plaid tra febbre e medicine, ho trovato il film in tv, appena cominciato. Riuscireste a cambiare canale? Impossibile, soprattutto di fronte a un film pressoché perfetto, sotto ogni punto di vista. Trovatemi un singolo difetto e sarò pronto a contestarlo. Sono qui, sentiamo, dai.
•••••

Café Society (2016): Altro film trovato casualmente in tv e, non avendolo più rivisto dai tempi del cinema, ho pensato che fosse una buona idea riguardarlo. Senza dubbio uno dei miei Woody Allen preferiti degli ultimi 15 anni, sicuramente quello che mi è piaciuto di più dopo Midnight in Paris. Forse è perché il regista newyorchese è tornato a parlare di ciò che conosce meglio: l’amore amaro. Qui ritroviamo infatti molti dei segni caratterizzanti che hanno reso la filmografia di Allen unica nel suo genere, tra battute fulminanti, l’amore per New York e per la musica jazz, oltre ad una coppia di personaggi caratterizzati dalla malinconica anedonia che ha contraddistinto i suoi più grandi successi. Un film basato inizialmente su un triangolo amoroso, che poi, nella seconda parte, si trasforma invece in un ampio riferimento a Casablanca, con il passato che torna a bussare alle porte del cuore. Kristen Stewart, illuminata da Vittorio Storaro, è una creatura incantevole, di cui innamorarsi al primo frame, al contrario Jesse Eisenberg, che qui fa il solito alter ego di Allen, non ha proprio la statura per il ruolo (ma va detto che gli unici che ho trovato credibili nella parte dell’archetipo alleniano sono stati Larry David e Owen Wilson, poi il nulla). Ad ogni modo il film è divertente al punto giusto e malinconico al punto giusto: puro Allen, l’ho amato.
••••

Eraserhead (1977): Dopo aver appreso della scomparsa di David Lynch, era difficile vedere qualcosa, avevo piuttosto bisogno di scrivere, di elaborare. Dopodiché, è inevitabilmente subentrata la necessità di immergersi in quella testa, in quella visione, in quel mondo assurdo e stupendo. Quale occasione migliore per guardare il suo film d’esordio, in poche parole (ma a che servono?) la storia di un uomo, alle prese con la paternità, ossessionato da incubi e visioni. Immaginatevi di essere spettatori nel 1977, di non aver mai sentito parlare di David Lynch e di trovarsi di fronte a un film del genere: che esperienza pazzesca. Ma anche per uno spettatore del 2025 non è affatto male, anzi: quella lunga sequenza d’apertura, muta, con effetti speciali innovativi e suoni industriali in sottofondo vale da sola tutto il MCU. Innovazione pura, rivoluzione dell’immagine e una capacità di rendere visivamente ansia e paranoia che non ha pari nella storia del cinema, eguagliata e migliorata solo dallo stesso David Lynch nel corso della sua ineguagliabile carriera. Un po’ come la creatura neonata del film, così è il film d’esordio di Lynch: non cercate di comprenderlo fino in fondo, basta solo amarlo.
••••

Eraserhead

Posted

Comments

3 risposte a “Capitolo 396: Let’s Rock”

  1. Avatar Giornalista Charles Winfred Reed
    Giornalista Charles Winfred Reed

    Molto ben scritto questo articolo e diciamo addio a questo grande regista

    "Mi piace"

  2. Avatar Madame Verdurin

    Hai perfettamente ragione a dire che Lynch non va necessariamente capito ma va amato così come è. Io lo amavo moltissimo, anche se alcune suo opere che mi sembravano anche troppo estreme non sono riuscita ad affrontarle. Grande artista in ogni caso, questo è innegabile, ha lasciato un vuoto incolmabile.

    Piace a 1 persona

    1. Avatar AlessioT

      Esatto, è proprio questo il segno della sua grandezza artistica: non avere nessuno che possa colmare quel vuoto. Vale tanto per gli attori o per i musicisti, quanto, come in questo caso, per i registi

      Piace a 1 persona

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Usa il pulsante di ricerca per trovare la recensione di un film

Iscriviti per ricevere i nuovi articoli del blog direttamente sulla tua email

Benvenuto su Una Vita da Cinefilo!

Iscriviti gratis per avere accesso ai piani segreti della Morte Nera

(inserisci l'email e riceverai i nuovi articoli direttamente sulla posta)

Continua a leggere